mercoledì 18 novembre 2009

Tra le gambe delle sedie

E poi, d'improvviso, venne il buio.
Che non era proprio scuro, però, avrebbe detto qualcuno sicuro del proprio sguardo. Almeno a vederlo da fuori. C'erano i lampioni che illuminavano fiaccamente gli alberi nudi, le televisioni brillavano nervose dagli occhi dei palazzi e alcune stelle faticavano per mostrarsi attraverso lo spesso strato di polveri che faceva da scudo alla città.
Ma era nera, dentro, quella notte lì. Da lasciare senza fiato.
Come se tutto ciò che il corpo conteneva - cuore polmoni fegato milza reni intestini e salcazzo cosa d'altro ci sta dentro - si fosse sciolto in un buio di pece che risucchiava anche gli occhi.
Alfonso, seienne stentato e spigoloso come un agrifoglio, si infilò istintivamente sotto il tavolo. Era la sua tana, protetta dalle gambe delle sedie fitte come le sbarre di un cancello in ferro battuto. Da una feritoia, sottile poco più di un dito secco di sua nonna, sgranò gli occhi sul niente.
Una specie di paura vischiosa gli si appiccicò alle palpebre, accecando completamente ciò che gli restava della vista. Egli gridò, sbattendo con violenza la testa sul legno che gli faceva da soffitto.
A tentoni, raschiando con le unghia rosicchiate fino ai polpastrelli, tento di cavarsi via quella sostanza viscida che sembrava colata dai suoi stessi pensieri. Ma in vano.
La sua tana sembrava essersi fatta una gabbia, tanto era lo sbattere delle sue ossa contro le sedie.
Con un soffio di fiato, l'ultimo che si sentiva in gola chiamò: 
- Ehi tu! - lasciando che il suo orgoglio spinoso andasse ad appuntirsi altrove.
Davanti ai suoi occhi comparvero improvvisamente due gambe sottili ed eleganti, sicure nell'incedere verso di lui. Calzavano stivali bassi di cuoio, adagiati mollemente sulle caviglie.
- Ehi tu! - rispose soltanto, ma con una voce che rideva.
La luce gialla di una lampada si insinuò improvvisa nella selva delle sedie.
Alfonso non riusciva più a ricordare le parole che aveva ascoltato, ma le foglie gialle dei liriodendron tulipifera stese a terra come un tappeto non gli erano mai sembrate così belle.
             

15 commenti:

  1. mi fai venire in mente l'ultima strofa di  "E il buio" dei Marlene Kuntz :)  MK


    http://www.youtube.com/watch?v=0CljSnRYykk

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  2. mi fai venire in mente l'ultima strofa di  "E il buio" dei Marlene Kuntz :)  MK


    http://www.youtube.com/watch?v=0CljSnRYykk

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  3. per me è molto più leggero Nabokov che Godano che scrive testi, per dire eh...in quel testo lì la parola più comune nella lingua corrente è scodinzolare. e almeno io la uso pochissimo.
    ginò tu però sei più leggero di Nabokov.

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  4. per me è molto più leggero Nabokov che Godano che scrive testi, per dire eh...in quel testo lì la parola più comune nella lingua corrente è scodinzolare. e almeno io la uso pochissimo.
    ginò tu però sei più leggero di Nabokov.

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  5. Tira dentro... però lascia interrogativi.
    Cos'era quel "niente", solo una stanza a luce spenta?
    Perché si spaventa... da dove vengono le foglie gialle?

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  6. Tira dentro... però lascia interrogativi.
    Cos'era quel "niente", solo una stanza a luce spenta?
    Perché si spaventa... da dove vengono le foglie gialle?

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  7. b.. già..

    marlene.. io son ciucciarello in canzoni..

    gmai..  e poi niente, finisce così..

    rì.. io peso un sacco di chili..

    paola.. le emoticons cominciano a sfuggirmi..

    pepper.. so rispondere solo all'ultima: dagli alberi..

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  8. b.. già..

    marlene.. io son ciucciarello in canzoni..

    gmai..  e poi niente, finisce così..

    rì.. io peso un sacco di chili..

    paola.. le emoticons cominciano a sfuggirmi..

    pepper.. so rispondere solo all'ultima: dagli alberi..

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  9. apperò. allora mi sa che mi ci schiacceresti.
    poi se sei più di Nabokov, capirai...
    faccio la lotta armata pure a te, ginò.

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  10. apperò. allora mi sa che mi ci schiacceresti.
    poi se sei più di Nabokov, capirai...
    faccio la lotta armata pure a te, ginò.

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