venerdì 27 aprile 2007

Lezione Uno: Come procurarsi un invito a cena

Iersera, riemergendo dai tortuosi meandri dell'IKEA e lievemente storditi dall'aroma di pioppo truciolato e dalle camicie gialle del personale:
Ginocchia: 'ccidenti!! abbiamo fatto tardissimo!
Prof: e sono anche tanto stanca!
Ginocchia: scansafatiche!! solo perchè mi avevi promesso che stasera cucinavi tu!!
Prof: adesso, altro che Arturo!
Ginocchia: e che c'entra ora il mio povero gattaccio?
Prof: niente, è che quello scemo-gatto non sa neanche cucinare..
Ginocchia: [ironico] da che gatto scarso che mi son fatto abbindolare, vero?
Prof: [seria] già! ti sei fatto proprio fregare!! Fosse stato per me, avrei preso un bel gatto-robò che mi faceva trovare la cena pronta!!
Ginocchia: [perplesso] ..
Prof: [occhidolci] ..
Ginocchia: capito, va! Pizza?

giovedì 26 aprile 2007

venticinque aprile

Ieri sono scivolato sul racconto di un vecchio.
Come al solito sono finito a mordermi le labbra per non lasciarmi commuovere.
Era una storia di ragazzi che il venticinque aprile di tanti anni fa scendevano finalmente dalle montagne. Prima Dronero, poi Saluzzo e Savigliano, fino a casa. Una storia conosciuta di amore, di morte, sacrificio. Di terra liberata. Di amici, di nemici, di bene e male. Di scarpe sfondate e vestiti lisi, di file di camion, di donne in bicilcletta. Di fame. Odio, anche, e paura. Di gente che si ritrovava e gente che non si trovava più.
Ho ringraziato per ogni pagina di Fenoglio, Vittorini, Calvino, Pavese regalatami.
Ho pensato che resistere è l'ultimo credo rimastoci.
E che non credo a chi vuole riscrivere il passato per giustificare la pochezza dell'oggi. A chi ha trasformato la necessità della libertà in liberismo necessario.
C'era la Storia tra quelle rughe.
A quelle io credo.

lunedì 23 aprile 2007

Ops..

Cazzo!! Ho appena fatto una minchiata!!
Circa quattro secondi di distrazione, mica molto di più.

[Odio quando la salvezza passa per un colpo di fortuna!! E pure la mia irreprensibile professionalità!! Ma ora è inutile dire, mandatemi solo onde
buone che magari me la cavo!!]

Circa 24h dopo - AGGIORNAMENTO
Salvo!!
Ringrazio tutti coloro che gentilmente hanno perorato la mia causa perdente inviandomi pensieri, commenti di supporto, incroci di dita, riti sacri e/o scaramantici di vario genere, auguri -infami, ché lo sapete che non si fa!!- e in bocca ad animali vari. Grazie di cuore. Davvero!

[E cmq ci tenevo a dire che io mi sarò anche distratto per quattro, fatidici secondi, ma avere a che fare con certi gruppi americani fetenti è sempre una gran seccatura. Sono solo buoni a simulare competenza dove invece c'è un buco di sapere grande come tutto il Wisconsin!!]

domenica 22 aprile 2007

Maledizioni

Sono bravo a ricamare maledizioni.
Un vero talento naturale, uno dei pochi.
Feroci, a tratti, come un poema epico ed impietose come quelle bibliche.
Quindi, stiano lontani dalla mia vista per almeno un paio di settimane: vigili urbani, ausiliari del traffico, parcheggiatori abusivi, testimoni di geova, salite oltre il dieci percento. Che me la prendo pure con la tettonica a zolle quando mi gira male.

venerdì 20 aprile 2007

Too late

La sveglia, cazzo! Non l'ho sentita di nuovo!!
O meglio, l'ho sentita! Ma dopo! Dopo quasi un ora ininterrotta di trilli, strilli, strepiti e quant'altro.
Ho sonno. E dovrei dormire di più.
Alcuni beninformati mi suggeriscono di andare a letto prima. Ma prima quando? Dormo così bene tra le otto e le dieci del mattino. Ed anche con le penniche pomeridiane, se mi metto d'impegno, me la cavo discretamente. Dalle quattordici in avanti il sonno è una benedizione.
Ma di notte?
Come si fa ad andare a dormire di notte?
Con tutte le cose interessanti che ci sono da fare. Che lasci alla sera perché di giorno -ahimé- si lavora! Anche senza mettere il naso fuori dai cinquantaquattrometriquadri non calpestabili dove viviamo io e il gatto. Dove presto finalmente vivremo io, il gatto ed una profiaccia di lettere.
Serate che filano via lisce da sole, tipo:
- cercare il gatto che si è imboscato in qualche anfratto perchè voglio tenerlo sulla pancia, ché dopo le crocchette di melanzane di Adelina il gatto mi è necessario per una corretta digestione..
- scoprire che il porcofelino si è imboscato dietro i libri di arte e si è mangiato la copertina di Duchamp..
- cominciare a sfogliare i suddetti libri e ritrovare quel Modigliani che tanto amo..
- perdere due ore tra quegli occhi che ti affossano e ricordare il brivido lungo la schiena della mostra romana..
- postarlo, quel brivido..
- cercare a mano libera l'equilibrio perfetto di un-due-tre negroni, ché l'equilibrio è una cosa che si trova a tentativi..
- imparare a girarmi le sigarette
-ho un debole per il pacchetto di Old Holborn da sette grammi e mezzo- al contrario..
- guardare Little Miss Sunshine fumando..
- scoprire che non avere qualcuno con cui dividere un sorriso ti fa fumare di più..
Fortuna che il film è corto, ma di dormire non se ne parla prima delle due.
'ccidenti!!

giovedì 19 aprile 2007

Sguardi

La sola cosa che conta sono gli occhi!

[
Ancora mi seduce lo stesso sguardo in cui mi persi un pomeriggio assolato di primavera in Roma. Di tanti sguardi neri, ne rimane uno azzurro e teso. Grazie, Profiaccia, per avermici portato ormai quasi un anno fa!]

mercoledì 18 aprile 2007

Fedeltà

Bilogo: certo che noi siamo proprio due finocchi!!
Ginocchia: un attimo! Finocchi, adesso, non esagerare! Diciamo che ogni tanto indulgiamo nel reciproco amore omosessuale. 
Bilogo: stavo ripensando a quell'anno -cosa poteva essere, il duemila?- in cui siamo andati in vacanza a Portocannone.
Ginocchia: già! Quarantadue gloriosi giorni di ferie tra Lampedusa, Roma e tutto il resto. Bei tempi quelli! Che finiva che non tornavamo più, se non ci richiamavano all'ordine faccende troppo serie.
Bilogo: però dovevamo farcele Mariapina e Michela.
Ginocchia: già! Gran maiala Mariapina. Ho ancora il numero. Mai usato.
Bilogo: anche la Michela non era male! Un po' più sveglia, forse..
Ginocchia: è che io, con Mariapina, non ce la potevo fare! Non riuscivo a chiamarla per nome senza ridere. Mariapina, dico, ma ti pare un nome serio. Non so perché, ma lo associavo immediatamente alla parola tascapane.. e di li tutta una serie di immagini erotiche come una colite.
Bilogo: e poi quando parlava. Che io le dovevo sempre dirle "Mariapì, alza quella cazzo di voce!"..
Ginocchia: però una bella estate!
Bilogo: ma ci pensi? Quarantadue giorni gomito a gomito e siamo ancora amici. Non è mica da tutti.
Ginocchia: già!
Bilogo: e quando a Villarosa c'era l'acqua razionata e ti ho fottuto l'ultimo litro per fare la doccia? Ché non riuscivo a sciacquarmi bene le orecchie e tu sei rimasto tutto insaponato come un pirla..
Ginocchia: ancora amici dicevi? Mmmh, non so mica..



martedì 17 aprile 2007

Sorellauno

Inopportuno. Un ricordo di sughero mi si arena negli occhi.
E non so trattenere un sorriso mentre ancora sto dicendo:
- ..e quindi tale fattore prognostico non è da considerarsi statisticamente significativo.
- E questo la fa ridere?
- No, mi scusi dottò! - rispondo mangiandomi le labbra.
Ma non riesco a levarmi dalla faccia una smorfia di riso.

Sei anni. La vita sembra una cosa fattibile. Non me la cavo poi male a contare quante mele deve comprare la signora Maria per fare sette torte, se per ogni torta ci vogliono quattro mele. E poi Actarus mi ha convinto che impegnandoci insieme ce la faremo a sconfiggere gli attacchi di Vega.
Ho buone prospettive per il futuro. Se imparo anche la tabellina del nove e miglioro un poco la grafia non potranno mai negarmi la mia astronave. Ma la d maiuscola va più panciuta e la g coll'arzigogolo.
Sorelladue studia seria al tavolo della cucina. Ha grandi occhiali quadrati perché sta due anni avanti di classe. Fa la terza.
Sorellauno è di là. Lei è grande e litiga sempre con papà. Passa le ore al telefono e la rimandano sempre di latino. Dev'essere una cosa difficile il latino. C'ha un libro giallo che sembra non finire mai. IL, si chiama.
Solo noi tre in casa.
Silenzio, aspettando l'ora dei cartoni animati.
Poi un grido. Proprio da quel di là dove Sorellauno dovrebbe stare studiando latino.
Un grido secco e prolungato.
Io e Sorelladue ci alziamo di scatto e corriamo a vedere. Nessuno dei due ha il coraggio di aprire la porta socchiusa, ora che il grido è diventato silenzio.
Aspettiamo.
Fino a che non si decide che vado io che sono il più piccolo.
Apro.
Veloce come strappare un cerotto.
E Sorellauno giace riversa a terra. Le gambe storte, un braccio lungo il corpo, l'altro sopra la testa. Immobile.
Io grido e la scuoto.
- Sorellauno! Sorellauno! Che hai? Sorellauno!
Sorelladue prova a tirarle un po' i piedi.
Immobile. Sembra anche non respirare tanto è ferma.
- Sorellauno.. - dico piano ancora una volta, subito prima di iniziare a frignare - Sorellauno è morta!!
Ma proprio su queste lacrime vedo un sussulto del petto.
La faccia lentigginosa che ride:
- No dai, Ginocchia, non sono morta. Era solo uno scherzo.

Tanto tempo fa era così. Tutto un ridere e piangere senza pietà. E adesso qualcosa rimane nonostante la fatica dei mille chilometri.
Rido dei momenti inopportuni in cui riaffiorano i ricordi.

[Ma stasera ho fatto le zucchine a scapece. Mi sono stupito della sicurezza della mano sul coltello, una lunga serie di fette esatte e sottili, ché a crescere con gente del genere per casa, si viene su storti ed un poco malfermi sulle gambe. Stasera faro sogni verdi di zucchina.]

lunedì 16 aprile 2007

Otto

Lo so che dovrei dormire. Ma questa sera il sonno non viene a salvarmi. Mi toccherà rimuginare fino all'alba gli otto motivi che mi tengono sveglio. Otto, come le zampe del ragno che sta immobile sul muro dell'abbaino e che non voglio schiacciare. Otto. Che non voglio dimenticare, che devo contare sulla punta delle dita. Ad una ad una.

Sorelle

E non contano più nulla i capelli tirati, i graffi sulla faccia e i pugni nello stomaco. Gli insulti fuori dai denti. Quelli che feriscono.
Nulla neanche l'assenza quando ero solo, la lama della lingua quando c'era solo fame di pace.
Certi rancori sordi che macerano. E che per sempre ci faranno inciampare nel nostro muoverci lontano ed incontro.
Non conta più nulla.
Quando hai bisogno, Sorellauno, Sorelladue,  io ci sono.
Che si tratti di correre di notte a smontarti la casa per aiutarti a fuggire (S1), di trascinare il tuo musolungo per tutta l'Europa senza cavarne fuori una parola, un sorriso (S2). Di spronarti con rabbia a salvarti da te (S2). Di approvare ogni tua scelta, per difficile che sia, qualsiasi essa sia (S1).
L'amore fraterno forse è qualcosa di simile all'esserci sempre. Senza parole.

[Mi scopro amare la mia fratellanza -o dovrei dire sorellanza- fatta di imperfezioni, asperità, tensioni continue e distruttive. Non fratelli da film. Ma fratelli nell'essere una sola durezza che si scontra sempre di muso!]

giovedì 12 aprile 2007

dagli "Improbabili dialoghi con futura cognata"

Mrs E: forse perché i pesci randagi non mangiano gatti crudi?
Ginocchia: credo di si! anche perché a cucinare sott'acqua si fa fatica..
Mrs E: ma dimmi che c'entra adesso cucinare sott'acqua?
Ginocchia: è per via dei gatti crudi! al massimo possono farli marinare un po'..
Mrs E: [arrossendo lievemente] i pesci randagi?
Ginocchia: [ridendo] già..
Mrs E: [ridendo] già..

[e intanto il gatto Arturo si leccava i baffi per questa imprevista paranza!]

Tramonti

Quel che fa paura è la lentezza.
Vedere i colori andarsene ad uno ad uno e sentire dentro l'angoscia che cresce piano. Immotivata. E per questo ancor più spaventosa. Come un presentimento.
I primi ad andarsene sono i rossi. Risucchiati con violenza dal sole che precipita in basso e ne fa una pozzanghera arancio. Rosa talvolta. Ma non è lì che i mie occhi scivolano.
Dalla parte opposta, a Est, i rossi sono ormai morti.
Resistono appena i verdi, anche se la loro è solo un'agonia. Stillicidio di colori che virano al grigio.
Dopo poco, del blu resta solo un ricordo alluminio cbe si contorce sulle ombre nere delle colline.
La macchina corre. Per quel che può correre Giovanna con le sue gomme lise, lo sguardo dei fari appannato. E piano mi scivola addosso il buio.
Lo stesso timore di quando, bambino, guardavo il mondo dal finestrino posteriore. Sempre lo stesso, a destra. Le gambe sudate di mia sorella mezzana contro le mie, a fare caldo e fastidio. La grande che cercava di giocarmi.
Non molto è cambiato da allora.
Addosso lo stesso immotivato timore di qualcosa che incombe. Lo stesso sguardo stupito e la stessa fatica a nasconderlo.
Solo che ora sono un poco più solo.

[Ho deciso di imparare ad andare sott'acqua quando mi hanno raccontato di come scompaiono i colori. Come un tramonto ogni metro. Da sprofondare lentamente nel blu.]

mercoledì 11 aprile 2007

Andata

Andare.
Questa è la sensazione!
Andare e null'altro.
Lasciarsi alle spalle il corteo di lampioni arancio, che pigramente aspetta mattina per potersi spegnere e riposare. I segni nervosi di luce bianca sulle spalle immobili della collina. Un profilo scavato nella memoria. Perdersi nel nero della pianura, poi risalire fino al mare. Seguirne la linea verso sud.
Fin dove voglio arrivare.
Sulla maniglia della porta di casa ho annodato il filo di un pensiero.
Guido.
Ed intanto si svolge la matassa aggrovigliata che occupa i vuoti di me. Un filo che si tende, da casa alla nuca, e andando si svolge. Dentro è un tumulto di lana.
Qualche nodo mai sciolto m'inciampa. Sputarlo fuori è una specie di dolore alle tempie che proverò a sbrogliare tornando, quando il percorso inverso mi regalerà la calma di fare gomitoli.
Così mi ha isegnato mia nonna.

giovedì 5 aprile 2007

by night

Nottetempo! Nottetempo si parte. Con la città muta e i cani randagi a pisciare sui lampioni. Nottetempo. Come ladri o assassini. Strade bagnate e vuote, la radio che canta, la luce arancione come unica compagnia. Un garbuglio di pensieri da dipanare per via. Il viaggio è lungo e -dio! come mi piace la parola nottetempo!!

mercoledì 4 aprile 2007

Tredici

Ho fatto i conti. Ed è venuto fuori un tredici. Tredici anni che non mettevo piede da un barbiere. Da quella volta in cui sono uscito imbufalito:
- Ti piace?
- No, mi fa cacare!!
- Ma come? Non vedi che bella sfumatura alta?
- Tua madre sfuma alto. Tu fai solo delle gran menate.
Era tanto tempo fa e lasciavo a terra un buon chilo di boccoli scuri [rimanevano aggrappate ai capelli rasi solo le speranza dei diciannoveanni]. Capelli lunghi a pecorella o la lana invernale, come la chiamava il Palla. Riccioli che mi erano costati, allora, tanta fatica, litigi e ben tredici perquisizioni in due settimane. Carabinieri, polizia, finanza, carabinieri, carabinieri, carabinieri. Passavo in rassegna le forza dell'ordine e davo giudizi sull'efficienza. I miei preferiti erano i carabinieri, più sfigati e meno paraculi, che se li trovavi in serata finiva pure che ci facevi due chiacchiere in notturna:
- No, Marescià, il barbiere stava chiuso. E poi mica esco con sua figlia. No, Marescià, il militare non l'ho fatto. Mi farebbe bene? Lo dice anche mio padre, ma -ammé- mica mi convincete. Come dice, come dice? La disciplina? Ma questa è una fissazione che c'avete voi della vostra generazione. No, noi si è genio e sregolatezza..
E da allora, su questa testa, ci si sono divertite in tante.
Oddio, tante? Alcune.
Adelina per prima. Che tagliava e rideva. Tagliava e rideva. Rideva, soprattutto, con materna ilarità di avere di nuovo -almeno per qualche minuto- il figlio fuggito troppo presto tra le inesatte mani. Gran storture di capelli mi lasciava in testa. Ma bastava si asciugassero un po' all'aria di ceci dalla casa, avvolgendosi a fusillo, per nascondere ogni imperfezione. Per me ho sempre tenuto solo la basetta, troppo vicina alle orecchie per potermi fidare di qualcuno.
Bellina, invece, ha sempre avuto paura. E lascia lungo. Ci penso poi io, con le forbici da sarta, a far fuori quel che esce troppo dalla linea del cappello. Non ride, lei, ma sono mani belle da avere sulla testa.
Oggi [che sono tanti anni dopo e più rade si son fatte le speranze], dal barbiere, sono entrato sorridendo. Addosso
una tensione lieve, da cavallo a dondolo. C'erano facce simpatiche di peluchero, ma ho incrociato comunque le dita fino a farle diventare bianche.
Fortunatamente, sono uscito ancora sorridendo. Forse tornerò.

Equivalenze

Alla luce di questo strumento geniale, quasi quasi mollo tutto e mi tiro su un'azienda agricola!! Un po' d'aria limpida di campagna mi farebbe bene!!

[Indebitamente copiato da cognitive displaysia, messaggio n°109! Ma non ho saputo resistere, mi ha fatto così tanto ridere in un giorno di troppa acqua!!]

martedì 3 aprile 2007

Di Dio, so solo che faceva il magazziniere presso una nota ditta di biotecnologie

Poco più di un mucchietto ben'ordinato di acidi nucleici e proteine, impilato con cura dentro sacchetti lipidici a doppio strato. Imballaggio per aminoacidi, basi azotate, glicidi. Non siamo molto più di questo.
Giusto qualche meccanismo collaudato di permeabilità di membrana e improvvisazione di impulsi elettrici.
Ed è appena caso che tutto questo rimanga intero, integro, invece di sciogliersi nel nulla che è. Di ritornare mare.
Solo che, quando accade, sembra sempre troppo presto.

[Solo che ora è davvero troppo presto. La fine che arriva prima dell'inizio -ed io posso solo stare qui a scrivere amenità. Una specie di rabbia!]

lunedì 2 aprile 2007

Aspettare

Aspettare.
Oggi non ho molto altro.
L'eco dell'orologio nella stanza vuota.
La lampada mette tempo a scaldare e l'acqua per il tè fatica a bollire, come non volesse rompere questa immobilità di tensioni superficiali.
Aspettare. E aspettare.
Forse una delle poche cose che so fare.

domenica 1 aprile 2007

Passeggiata in seppia

All'improvviso la pioggia si è fermata.
La luce biancastra si è come rotta, virando lievemente in seppia.
Allora ho smesso tutto quel che stavo facendo ed ho cominciato a camminare. Camminavo lungo le strade che piano riprendevano vita e non ero io. La gente si sfilava lenta dal sicuro dei portici, e non ero io che mi muovevo tra di essi. Un passo dietro l'altro, c'era qualcuno in me che non ero io.
Io -di mio- riuscivo solo a pensare alla fortuna di quest'altro in me che camminava un passo solido e privo di paura. Andava. Senza il peso di ieri, senza timore per domani. Solo passi. Uno dietro l'altro. E gli occhi sulla gente, i piedi a sentire il duro scivoloso del pavé o il solido del selciato. La faccia aperta a sentire l'aria fresca.
Ho invidiato quella leggerezza senza pensieri che non ero io.
Poi una goccia.
Il cielo è tornato lattiginoso.
Ho riparato a casa che ero di nuovo io.