sabato 31 marzo 2007

Che poi se è a cena vale lo stesso

Sera di pioggia e malinconia dietro i vetri.
Un po' di musica, una bottiglia di vino già aperta, il gatto sempre addosso. Le luci già basse, il buio da aspettare con calma.
Poi, d'improvviso, il citofono.
Dallo spavento -il mio- il gatto vola fin quasi al soffitto.
- Chi è?
- Siamo noi!
- Ah, salite minchioni!
Si presentano due loschi figuri, bassi e neri, con due buste del Dìperdì colme di ogni genere di porcheria.
Sì, sono loro.
- Abbiamo pensato che una giornata così potevamo sopportarla solo qui - quasi a scusarsi dell'improvvisata.
- E avete fatto bene - gli faccio io.
Lo schema è il solito. Ormai collaudato.
Io preparo tre negroni, Fukuda inizia a tagliare pomodori e zucchine, Mr Dibs si attacca al PC in cerca di minchiate, porno o biciclette. Le tre priorità della vita in ordine sparso, secondo l'ottica postfuturista.
Quando tuffiamo le pennelisce in acqua siamo già alticci. Per questo amo i negroni.
A fine pasto le sole due poltrone di casa non bastano a contenere lo svacco di tutti.
Mr Dibs ogni tanto si chiama il gatto:
- Arturo, Arturo! Senti questa!
Il gatto annusa, curioso.
- ITALIA UNO - aggiunge, guardandoci con soddisfazione.
E poi un boato. Forse i tuoni e non la pioggia lenta di poco fa. Faccio per correre alla finestra, ma mi fermo immediatamente. Qualcuno mi indica il monitor.
Tutti guardiamo, con sguardi come innamorati.

venerdì 30 marzo 2007

Senza titolo

Oggi è così.
Cielo chiuso sulla testa e ricordi di tanti anni fa che sgocciolano lenti. Petrolio.
Fortuna che non piove.
Almeno non ancora! 
Il tempo fragile di ieri mi porta al poco che posso di oggi. Un uovo a Pasqua e la stella a Natale.
Purtroppo, non ho molto altro da offrire a mio padre.

giovedì 29 marzo 2007

Insonnia

La sera tardi, via il libro ed un ultimo sguardo dall'abbaino prima di tirar giù le tende. La Mole, illuminata a festa, volta le spalle alla città addormentata. Ha occhi solo per Superga. Che sta lassù, altera.
Credo sia innamorata, la Mole. Di quell'amore solido che prende i palazzi che si guardano in faccia.
Qui, dai tetti sembra tutto immobile.
Forse nel ventre delle case qualcuno si agita come me. Impossibile saperlo. Anche se mi piacerebbe fare qua sotto, in piazza, un punto di raccolta per tutti quelli che la notte non possono, non vogliono dormire.
Un paio di birre e una pizza sulle panchine. Chiacchiere.
- E tu perchè non dormi?
- Colpa di quel dannato caffè dopo cena! Tu, invece?
- Io? Io è perchè non so spegnere la testa. Appena chiudo gli occhi mi si fa folla nelle pieghe del cervello. Come stare in metropolitana.
- Ah..
- Però è bello qui..
- Si, bello..
- Ti va una birra?
E la notte se ne va riconsegnandoci illesi al mattino.

[Ho i mostri sotto il letto! E non basta il mociovileda! Dormire, certe notti, è impossibile!]

martedì 27 marzo 2007

Tardissimo

Come un crescendo.
Stanco. E non potere dormire. E quindi sempre più stanco, ora dopo ora. Con gli occhi sbarrati ed i pensieri incollati alle chiome di qualcuno che non c'è. La rabbia che si frange sulle pagine di un libro.
All'una di notte avevo gli occhi sbarrati.
Alle cinque appena la percezione di un vago torpore.
La sveglia mi ha crepato qualche angolo del cervello. Strideva sul sonno fattosi necessita fisiologica, al mattino. Probabilmente ora ricordo qualcosa in meno di ieri, qualcosa di importante andato distrutto nella deflagrazione delle orecchie.
E la giornata mi è crollata dietro di conseguenza. Come un unghiata sulla lavagna.

[è che di solito mi addormento appena mi metto in orizzontale, di solito!]

domenica 25 marzo 2007

Sibilla

Metti una sera a teatro. Metti che ci vado solo, ché sono riuscito a fare con il teatro quello che non so fare con il cinema. Entrare, sedere, guardarmi attorno, come fosse normale che il sedile vicino sia occupato solo dalla giacca ripiegata con cura. Aspettare il calare delle luci, il sussulto del sipario, giocando ad inventare le vite degli altri.
- Barbalunga cerca di sedurti a parole, eh, Biondocenere? Ma se al buio ti poggiasse la mano tra le cosce sorrideresti di più. Che le parole affaticano, alle volte! E tu, Occhitartaruga? Perché ti guardi attorno con insistenza? Non ti devono trovare? Ma chi? O cerchi lo sguardo di Unghielaccate, che sospira come avesse un peso al cuore da sfiatare?
Poi cercare un altro cane che siede solo. Guardarlo, riconoscersi, abbaiarsi. Ma non c'è mai nessuno solo. Appena io e quel vecchio laggiù che già russa.
All'improvviso, nessuno. Come un calo della vista. O sono le luci che si abbassano?
Buio. Il sipario trema.
Compare Sibilla, nerovestita. Il bicchiere semivuoto trema in mano. Ride forte, quasi sguaiata.
Racconta.
- Ho bisogno di lui! I suoi pieni contro i miei vuoti. Anche questo bicchiere è un pieno che riempie il mio vuoto.

[E son rimasto nudo, con la vertigine del mio vuoto a tagliarmi il respiro alla gola!]

venerdì 23 marzo 2007

Di mia madre

Adelina sta lentamente scomparendo. Si sta facendo minuta. E ingobbendosi un pochino sulla vecchia Singer.
Cuce. Cuce sempre. Da sempre.
Ma ora i capelli sono bianchi e lisci. Dopo essere caduti tutti, quelli castani e mossi, sono rinati in altra forma. Forse erano solo stanchi di essere i soliti capelli castani e mossi. Capelli da dottoressa ora, una specie di caschetto argentato.
Quello che non è mai cambiato, nonostante tutto, è il sorriso dolce e sovrappensiero. Come se in fondo sorridesse per un altro motivo. Per qualcun altro. Che non c'è. Un sorriso tutto labbra e occhiverdi. Che spesso mi ritrovo sulla faccia.
E non posso fare a meno di pensare che di lei mi resterà sempre attaccato addosso questo sorriso. Ed un infinità di camicie azzure, a quadretti. Tipo tovaglia da picnic. Ecco!

[E un bellissimo e lungo cappotto nero! D'altronde, è la sarta migliore che abbia mai visto all'opera!]

giovedì 22 marzo 2007

Sulla panchina

Ginocchia: [sottovoce] è che purtroppo non sono più quel bambino riccioluto e serio che 'dove lo metti sta'..

Silenzio
..
Silenzio
..

Ginocchia: [muto] e mi capita, allora, di stare spesso solo..

[La gente continua a correre alle mie spalle, ne sento il passo cadenzato con il respiro forte. Sulla panchina solo io, seduto a gambe incrociate. Tiro qualche sasso nell'acqua che scorre, ancora oggi, al contrario. Un po' di vento. Uno. Due. Tre. Quattro. Una pietra particolarmente piatta conta fino a cinque. Poi affonda.]



2PS
- Non so cosa cucinare stasera! E ho pure dimenticato di comprare il pane! Che nervi!
- Mi ha fatto sorridere questa cosa qui. Che poi, lo so, non è questa gran cosa. Ma tant'è. "La verità è che il mondo è una palla di magia, amico mio, e questa è la sola ragione per cui l'acqua non esce dagli oceani mentre la terra gira". [Veronesi S. 'Caos calmo'. pg.230]

martedì 20 marzo 2007

Del tempo..

Oggi è freddo e cupo.
Ma il cielo grigio sa piacermi.
Non sempre, ma ultimamente si è fatto così raro. E rare certe pioggie leggere ed insistenti che ho amato tantotempofa.
Stamane, allora, ho fatto colazione con le tende spalancate perchè non c'era luce a sufficienza per i miei occhi.
Tutto era stanamente madreperlaceo. Il cielo, la caffettiera, le ringhiere dei balconi. Io stesso mi sentivo come immobilizzato nella madreperla.
Immobilizzato. E madreperla.

[Più che altro madrepirla! Il fatto è che io ho un problema. Ho già mandato il cappotto in lavanderia. E questa cazzo di bolla artica mi sta gelando il culo!]

lunedì 19 marzo 2007

Senza parole

Senza parole.
Proprio come quelle vignette de 'La Settimana enigmistica': situazioni surreali ed aria perplessa. Nessuno che ride. Ecco! A volte, la vita mi perplide!

sabato 17 marzo 2007

Sorrisi

Inevitabilmente amo le cassiere vestite color ciclamino e con il sorriso largo largo, che occupa tutta la faccia. Non belle, magari, e stanche che si vede dallo sguardo, a fine giornata. Ma invece dell'odio atteso per il cliente delle 19.30 cavano fuori un gran sorriso sorpreso e la forza di dire, un po' stupite:
- Belli!
- Belli cosa?
- Questi, mi piace il turchese. Mi fa impazzire!
- Ma mi sta prendendo in giro?
- No, no. Sono proprio belli. E poi è la prima volta che li vedo passare da qua.
- Allora vada sopra, prima di uscire, e ne prenda un paio. Non ce ne sono più molti.
- Non credo di fare in tempo.
- Se vuole vado io. Una corsa e glieli porto giù.
- ..
- ..

[..è che non so resistere hai sorrisi larghi e un poco stanchi!]

giovedì 15 marzo 2007

Da solo

Ho vagato tutta la sera in bici per la città. Lo so che non è importante, ma volevo dirvelo cmq.. è che c'è qualcosa, nel girare a vuoto, che mi restituisce come  il senso delle cose!
[O sarà la grappa? Dannati triestini!]


PS del pomeriggio che non si lascia lavorare. h.16.14

E poi c'è che quella bici io l'amo. Brutta, vecchia, scassata. Recuperata morente in un cassonetto dell'immondizia e riportata sulla strada pezzo dopo pezzo. Si, vabbé, il movimento centrale è un po' sghembo e i cuscinetti sono fottuti. Ma coi copertoni nuovi e liberata dal peso dei parafanghi gira che è una bellezza.
Sara Lee "l'Ombrina di Zona Pozzo", l'ha battezzata Fukuda.
E chissa che nome di battaglia aveva durante la guerra partigiana o nel '68, quando la lanciavano contro la polizia? Perchè sta cazzo di bici è vecchia, e deve averne viste di cose!!
[E scopro che mi è rimasto addosso il vizio di mio padre: riportare in vita cose morte!]

Prefissi di negazione

Anche se indosso la camicia a quadretti azzurri che mi ha fatto Adelina e un paio di jeans dritti, le clark marroni e l'orologio col cinturino in pelle che fu di mio padre. Anche se non vesto solo di nero, non nascondo il viso dietro il musolungo e l'aria perennemente sofferente. Anche se non mi impegno ad inventarmi diverso -e non mi ci sento. Anche se rido molto -e per questo piaccio ai piccoli- e gioco e faccio tanto rumore per nulla.
Anche se faccio di tutto per non darlo a vedere [fui bestia mimetica probabilmente, prima che umano]: io non sono dentro. Oltre la rete, sono fuori!
Io non sono integrato.
Sono dis-integrato.

mercoledì 14 marzo 2007

Facendo colazione..

La radio, la mattina presto, è sempre foriera di buone notizie.
I Conigli mi informano ruggendo che, nell'esortazione post-sinodale Sacramentum Caritatis [che bel nome altisonante per un'accozzaglia di minchiate!], i "Politici e legislatori cattolici consapevoli della loro grave responsabilità sociale" sono stati invitati a non votare leggi che vanno contro "la natura umana".
Sono d'accordo! è ora di basta con tutta questo schifo contronatura!!
Basta sveglia la mattina -cosa è più contro la natura umana di quel trillo satanico?-, basta traffico animale, basta ricerca necrotica del parcheggio. E soprattutto, basta lavorare a comando! D'ora in poi, solo a sentimento!!
Sono felice che finalmente qualcuno ci abbia pensato alla natura umana! Che qualcuno legifererà pro.
..
..
Era questo che intendevano, vero??

martedì 13 marzo 2007

[...]

[Uso parentesi quadre perché è come mettere le parole in scatola. Mi sembra si conservino meglio!]

A vuoto

Manca qualcosa. E manca da sempre.
Un pezzo che non so trovare e che mi occupa intero.
Ché cercare ho cercato, cazzo! Ma nulla!
Nulla frugando disperato le vite degli altri, nulla spiando per imparare, nulla rubando. Neanche il tempo passato a taccheggiare alla upim ha dato dei frutti. Non c'era in quel po' di amore che mi hanno regalato, non in quello che mi regalano ancora, non nelle parole amiche. Non era nei giochi con le troppe sorelle
o nella severità gentile di mio padre, né nel silenzio secco di mia nonna. Tantomeno negli scoppi improvvisi di rabbia, nell'arte di maledire, nell'odio che talvolta mi spacca. Neppure nel gatto è quel che mi manca.
[Forse, semplicemente, non sono finito. E devo imparare a non esserlo come ho imparato i giorni di fiatocorto!]

3PS h.23:07
La sindrome premestruale esiste!
Io ce l'ho!
Oggi ho provato l'ebbrezza lacrimosa della cipolla!

lunedì 12 marzo 2007

Senza titolo

Io passo di qua perché ci abito.
Ed è un piacere trovare un biglietto infilato sotto la porta. Come il segno di chi è passato a curiosare.

Mi piacciono i segni.
Ne ho diversi addosso. I graffi del gatto sulle braccia, rovi sulle ginocchia, qualche livido, tagli alle dita.
Ho un taglio nel pollice e la ferita è gonfia. Una specie di cuscino caldo sul dito.

Il pollice me lo sono inciso tagliando i pomodori. Ne ho uno sul sinistro e due sul destro.
Sono maldestro e malsinistro.
Ma di incisioni occasionate, mai volute.
[Talvolta, ci si fa del male senza consapevolezza!]

domenica 11 marzo 2007

Pennichella

La pasta con le sarde ha su di me evidenti effetti psicotropi.
Alla famelica ingestione segue una sorta di sonnolenza ipnotica, vagamente oppiacea.
Poi, i sogni.
Un ascensore antico, cupo, cigolante. Di quelli senza specchio, ma con il sedile in legno su un lato.
Devo scendere -e son tanti piani- ma non so il perché. Solo che è urgente. Importante. Questione di vita o di morte. In piedi guardo scorrere i piani attraverso il vetro delle porte, anch'esse di legno. Polvere e numeri scritti a mano con vernice sbiadita rossa. 73. 72. 71. 70. 69. 68. 67. 
Un rumore secco, che mi fa vibrare le ossa. E l'ascensore è immobile.
Mi guardo attorno terrorizzato, incastrato tra un piano e l'altro. Nessuna via di fuga. Premo il tasto T con rabbia. Lo tengo schiacciato, come se questo potesse aiutare. Apro le porte, le chiudo. Le riapro, tocco il muro. Lo prendo a calci. Grido. Pigio ancora sul tasto T. Ma nulla.
Allora mi siedo sconfortato a terra, un gomito poggiato sulla panca, i piedi contro le porte chiuse e comincio a mormorare:
- Sono solo un piccolo cinese stolto!
66.
Stupito, mi domando cosa possa avermi fatto percorrere quei pochi metri. Ma nulla.
- Sono solo un piccolo cinese stolto! - ripeto.
65.
Illuminato comincio a gridare:
- Sono solo un piccolo cinese stolto! Sono solo un piccolo cinese stolto! Sono solo un piccolo cinese stolto! - così fino a terra.
Dove ogni urgenza pareva scomparsa ed era solo primavera.

[Questo non è il sogno più strano che abbia mai fatto, ma forse uno dei più stupidi che ricordi! Devo finirla con queste dannate sarde!!]

sabato 10 marzo 2007

Salendo

La fatica.
Ogni pedalata una fitta alle gambe,
le spalle che dolgono, il cuore preme contro la carotide, i polmoni spaccati dall'aria inghiottita troppo in fretta, andata come di traverso. Il sudore fa bruciare gli occhi. Neanche più saliva da sputare e maledire. I pensieri sono il ritmo che tentano le gambe, il senso di tutto è solo il pezzo di cielo che si apre al fondo di una salita. Una delle.
E poi nulla.
Arrivare e bestemmiare!
Che questa volta l'asma non mi ha fottuto! Che i polmoni sono secchi ma ancora non hanno stramazzato! Che prima o poi mi verranno a recuperare con l'elicottero. Che chicazzosenefrega!
Poi
solo scendere a rotta di collo.
Ore di dolore bruciate in un istante!

[Amo del ciclismo la fatica onesta; la si riconosce dai saluti cordiali degli altri
disperati e sconosciuti che incroci sulla strada - Cristo! Saluto più gente in un sabato di questi che in un anno intero!]

venerdì 9 marzo 2007

Alle tre

Quel che mi resta di ieri [che ormai sarà ierlaltro] sono solo idee confuse.
Ricordi inaspettati del gineceo in cui sono cresciuto: gli scampoli colorati di mia madre accatastati sul tavolino, le mimose che appestavano la stanza del cucito di un irresistibile profumo di marcio, le troppe femmine di casa vestite a festa. Da sotto al tavolo vedevo la confusione del continuo muoversi di gambe ora sottili ora tarchiate ora lisce.
Ieri, chilometri macinati
ad inseguire crocchi di capelli biondi, tacchi alti, nasi alteri. Amici forestieri e curiosi. In gaina per la troppa birra.
In via Po, il cartello portato con orgoglio da un muso liscio di ragazzina, occhi azzurri cerchiati di montatura rossa, capelli castani sulle spalle: 'fuori i preti dalle mutande'! Dio, quanto ho riso! Dio, quanta ragione!
E poi ancora grida sfacciate, commenti sussurrati, sguardi, sospiri, gomitate, barista altri tre negroni please, offro io, nolasciastarechetoccaame. Risate, occhi rossi, incontri, silenzio, i gol di Baggio sul maxischermo -che valgono più dell'espressione tignosa sopra le tette a punta strette in un vestito a righe, ma molto meno dell'aria pensierosa della frangetta seduta sull'angolo. Le parole a vuoto, la musica troppo alta, il troppo silenzio. Ed un'infinità di culi, tette, fighe, colli, spalle, cosce, mani, occhi, labbra, lingue, piedi, caviglie, nuche.
E poi, in mezzo a tutta questa confusione, una sola cosa chiara.
Un pensiero unico, da sempre. Quasi solido, in mezzo alla gelatina dei pensieri delle tre.
Lei. Un sorriso a forma di mezzaluna che mi imprigiona.

giovedì 8 marzo 2007

Possibilità

Fukuda: ma perché veniamo sempre fino a qua?
Ginocchia: io vengo! se tu non hai voglia puoi andare al bar come fanno tutti i cristiani!
Fukuda: no, i cristiani no! lo sai che non mi piacciono!
Ginocchia: o in biblioteca con Bilogo!
Fukuda: no, non me la sento! da quando ha detto che gli piace lavorare mi fa un po' paura!
Ginocchia: ma no, dai! è un bravo ragazzo, lo dice solo per aiutarsi ad essere felice!
Fukuda: [meravigliato] guarda che bollata! chissà che bestie ci stanno lassòtto! dovremmo buttarci una canna da pesca quaddentro! così, per curiosità.
Ginocchia: [sovrappensiero] ma ddio! quanto mi fa sentire inadatto, con quel suo atteggiamento del cazzo!
Fukuda: eh?
Ginocchia: si, scusa, la pesca. anche se, guarda che due triglie da corsa!

[Passano due culozzi alti alti, corrono dritto, con eleganza. Le nostre teste si girano sincrone. Scompaiono. Ridiamo. O meglio, ci 'autoridiamo' - che è poi un modo di ridere di se.]

Silenzio
..
Silenzio
..

Ginocchia: non hai l'impressione che in certi giorni di vento il fiume scorra al contrario?
Fukuda: come ora?
Ginocchia: come ora!
Fukuda: si!
Ginocchia: ormai è l'unica cosa che mi dà senso di possibilità!

mercoledì 7 marzo 2007

Cadendo

Il sonno mi ha colto alla sprovvista, iersera, mentre provavo ad aspettare che passasse leggendo Vittorini.
Sono molto stanco ultimamente e capita che mi spenga all'improvviso, come quelle tv rotte che ho speso la giovinezza a riparare. Lo schermo si chiude e rivede luce solo al mattino dopo, con la botta in testa della sveglia.

Iersera, ero fermo a cavalcioni su un ricordo che ho ritrovato intatto stamattina. Come al solito un ricordo triste -un difetto di costruzione mi impedisce di tenere memoria della gioia- di me bambino: le ginocchia sbucciate e impastate di terra, la faccia su una coda di lucertola che ancora si muoveva, la traccia che seguivo.
Caduto un'altra volta per cercare di tenere il passo dei più grandi, dei più veloci, dei più belli. Il passo degli altri che vedevo da terra, sempre più piccoli, sempre più lontani.
Poi mi rialzavo in quella campagna arsa di Sicilia ed ero solo, solo come non ero mai stato. Solo io e il vento bollente. Terra nera, voltata, dentro le scarpe, qlc mandorlo storto, stoppie secche che bucavan le gambe.
Ua capra solitaria belava lontano e faceva paura.
Mai stato veloce abbastanza per stare dietro alle orde dei cugini maggiori, non bello abbastanza per ricevere le attenzioni dei grandi, non simpatico a sufficienza per la platea.
Inseguire, è quello che ho fatto da sempre, che continuo a fare!
Inseguire ed aspettare.
Come fossi a caccia di qlcs che non ho, che non mi appartiene, ma che vorrei.. dio, quanto vorrei..
[e questo non vuol essere piangersi addosso, ma sincera autocritica di pochi mezzi e desideri troppo grandi]

Ed è forse questo il senso che ho colto amaro stamattina, come il caffè che mi restituisce alla solidità del giorno.
Tutti troppo avanti, troppo belli, troppo intelligenti e lontani.
E io dietro, ginocchia a terra.
E non sono bastate tutte le parole che avevo in bocca, il cuore sempre aperto, l'indole del cane per stare un passo più vicino alle cose, alle persone che vorrei.
Me ne dolgo.
Ma non potrò fare altro che continuare ad inseguire, sperando, un giorno di essere all'altezza.

Sorrido, è dura la vita dei bambini grassi.
Resta loro, nell'anima, come una specie di ingombro.

Ma almeno ho imparato a fare le panelle e ho una bottiglia di nero d'avola..
Next step, la pasta con le sarde..

martedì 6 marzo 2007

Voci

Talvolta mi perdo ad ascoltare.
Una voce che racconta, una pagina stampata, brandelli di vita appesi al monitor. E mi lascio sorprendere da certe parole calme e seducenti, da altre acute, allegre, quasi ridanciane. Talvolta dai silenzi. O da iperboli fantastiche.
E mai vorrei smettere di ascoltare.
E vorrei saper dire così.
Ma questo, ad oggi, non mi è concesso.


[Aggiornamento del pomeriggio]

Continuo a leggere. Leggervi tutti, come preso da una fame che non riesco a saziare. Mi invadono parole, odori, suoni, immagini, malcelati stupori. E ancora idee, rabbia, curiosità, fantasia. Emozioni, credo sia questa la parola.
Inevitabilmente mi chiedo quando ho perduto la capacità di dire, quando l'ho barattata per quella di ricordare.

lunedì 5 marzo 2007

Di improvvisi moti di rabbia..

Nulla di importante..
Credo solo che chi, in un condominio -nel mio cazzo di palazzo intendo, vecchio, scassato e con le pareti spesse quasi un metro- mi chieda silenzio con minaccie più o meno velate [vabbé, lo confesso, era quasi mezzanotte e servivo il terzo giro di grappe ad un paio di amici!!], dovrebbe andarsene a vivere nelle cascine.. Avrebbe tutta la quiete che desidera!
E vaffanculo!!

[Il silenzio è improbabile in questa città]

domenica 4 marzo 2007

Passeggiando

Oggi ho camminato a lungo.
Come dovessi cercare qualcosa. Le parole che ieri non riuscivo a trovare, lo stupore attonito di quella luna color campari, un paio di perché in arretrato.
Il naso all'aria, a fiutare il lato del sole sul marciapiede, strascicando i piedi sulle strade affollate. Spintonando, alle volte, e spintonato. Qualche testa ha urtato dolorosamente la mia spalla.
- Che fortuna essere alto!! - ho pensato. E subito ho abbassato lo sguardo svagato dai cornicioni - Mi scusi, signorina! - ho balbettato.
Ed è stato come scoprire di non toccare. Cercare la sicurezza del fondo col piede e trovare solo acqua. Il corpo che affonda un poco nel gesto ed il collo che si tende a cercare il respiro che ti riporterà a galla.
La gente era un fiume. Allegro. Ma in piena.
Ed io non ho potuto far altro che perdermi con meraviglia in un reticolo di vie traverse e parallele.
Di vie vuote.
E piene soltanto di aria e di me.
Cercare salvezza in un cortile sconosciuto, in una libreria minore - uno strano signore chiedeva di un libro di algebra del '53, un libro fantastico, mai trovati i polinomi spiegati così!! - nelle vetrate colorate, sotto un bovindo, in piccole piazze improvvise.
Ci sono giorni in cui Torino risplende di particolari necessari.

Ma stanotte ho puntato la sveglia alle tre. Andrò a riprendermi ad una ad una tutte le piazze che oggi mi han tolto! Cazzo!!

sabato 3 marzo 2007

Perduto

Oggi, le parole, son rimaste intrappolate in un qualche cassetto della testa..
Aspetto la luna rossa, un po' di luce per trovarne la chiave..
Intanto taccio..

venerdì 2 marzo 2007

Dinoccolato

Che poi, quella cosa del calzolaio è vera. Mica me la sono inventata tanto per scrivere qualcosa.
Forse sta ancora lì, dove lo ricordo.
Era un signore basso e immobile, sempre avvolto in un grembiule da lavoro nero. All'ora della scuola si metteva sul gradino del suo negozio, passaggio obbligato per tutti i bambini del quartiere. E guardava.
Bambini che correvano, bambini che camminavano, bambini da soli o ancora accompagnati dalle madri. Voci.
Di me ricordo solo che ero
già fuori sincrono a poco più di sei anni. Mi muovevo sghembo e sempre con ritardo. Ultimo dell'orda di scolari che percorrevano il corso.
Mia madre erano occhi vigili dalla finestra. O almeno così mi faceva credere.
In un qualche pomeriggio di inizio primavera, mentre correvo verso casa, inciampai nell'immagine di mia madre che parlava con questo signore calvo e supponente.
- No, mamma, non ci parlare - credo che pensai.
E mi guardavano.
Le presi la mano e cominciai a tirare.
Avrei potuto tirare per ore le braccia molli di mia madre senza che lei smuovesse
anche solo un passo. Credo fosse un salice, allora, mia madre.
Quando finalmente ci avviammo verso casa mi confessò dei miei piedi storti. Quel gentile signore coi baffi aveva detto che li mettevo male, le punte troppo indentro, e che mi sarebbero serviti dei plantari. Se non addirittura le scarpe correttive - quella specie di prigione dei piedi! Che i plantari, poteva farceli lui a prezzo modico, facendoci risparmiare la costosa visita dell'ortopedico.
Da allora ricordo solo passi troppo attenti. Perduta la spensieratezza del camminare. Un piede dopo l'altro, ad immaginare una linea su cui stare. Una vita di equilibri precari, corsa dai piedi ai pensieri.
Ricordo rabbia e sputi in faccia. Non si rideva del mio passo.
E anche adesso che cammino dritto - solo il piede sinistro piega un poco verso dentro se lo lascio andare solo - mi rabbuio un po' se mi dicono 'dinoccolato'.


[e non lo mai detto a nessuno che quella pietra volata sulla vetrina del ciabattino, una sera di alcuni anni dopo, partì dalla mia mano. ma qui è tanto facile dire anche quel che non si può]

Pausapranzo III

Una striscia di verde lungo il fiume. Colline avanti. Case basse, alberi, un unico ponte. Il traffico lasciato alle spalle - sette volte ho rischiato di morire per attraversare il corso. E fiume. Tanto fiume. Che non è mare, lo so! maccristo! sto a Torino e mi dovrò pure accontentare. Fiume che riflette il cielo profondo di oggi. Fiume lievemente increspato di vento. Un airone cinerino, qualche folaga, le immancabili cornacchie.
E poi gente. Gente che corre, gente in bici, gente che pascola canipecora, gente in canoa, gente che prende il sole. 'nsomma. Un sacco di gente.

Ginocchia: [sottovoce e con meraviglia] ma io mi chiedo, ma che cazzo di lavoro fa tutta sta gente?

[per volere della supremacorte, pausapranzo viene elevato di diritto ad argomento]

giovedì 1 marzo 2007

Ginocchia A Punta..

Perché è la sola risposta trovata ai piedi piatti..
Al figliodiputtana del calzolaio che rideva del mio passo sghembo..
E offriva plantari di sughero a prezzi modici..
Ai "tienili dritti, quei cazzo di piedi"..
Perché c'era meno da sbucciare..
E le croste tolte troppo presto lasciavano segni piccoli..
E i ceci dietro la lavagna facevano meno paura..
Per non poterci appoggiare sopra i gomiti..
E la mano sul mento..
E quella nevrotica aria di uno che pensa acchissàcché..
Che poi non penso a nulla di importante, fuorché acchissàché..
Perché fanno male..
E a volte fare male è l'unico modo di farne meno..
Perché la vita nel mio letto non è comoda..
Ogni volta che mi giro su me stesso..

Pausapranzo II

Silenzio
..
Silenzio
..

Ginocchia: [sottovoce] certe volte, la feltrinelli ti para proprio il culo..