giovedì 25 giugno 2009

Wiener Notizen

Ein Spaziergang durch die Straßen von Wien.

[Si avverte la gentile utenza di lingua tedesca che la soprastante frase è stata cordialmente offerta da Google Language Tools].    

domenica 21 giugno 2009

Quarantasette minuti nell'aldilà

L'inferno, nel mio immaginario, somiglia all'Ikea la prima domenica d'estate.
Una bolgia di gente che non ha più gusto di andare altrove e vaga incerta pensando: però, com'è strana Stoccolma.
File infinite di coppie aspettano ore per poter comprare due bicchieri e un sottovaso, una voce nell'altoparlante grida che la bambina Mariapina si è ingozzata di palle gialle nel pallodromo.
E io sto solo pensando che non vedo l'ora di uscire di lì, e non è colpa mia se tra meno di un mese devo traslocare e mi serve un cazzo di letto -ché se continuo così mi toccherà dormire su un pagliericcio fino a ottobre inoltrato- quando inciampo in un paio di gambe lunghissime su tacchi vertiginosi.
Lascia quell'idiota!, è la prima cosa che penso, ché s'è dovuto tatuare il nome su braccio per ricordarsi che si chiama Andonio.
Fortuna che poi si torna.
Fortuna che fuori c'è il sole e sotto casa mi aspetta il concerto d'inizio estate.
    

venerdì 12 giugno 2009

Scienze della comunicazione

Oggi vorrei saper suonare il piano.
Se sapessi suonare il piano, oggi, spalancherei le finestre e lascerei andare sui tasti questi pensieri fatti di scirocco e morsi a far sanguinare le labbra. Li lascerei scivolare per ore, giù dal balcone che dà sul cortile, come un rubinetto dimenticato aperto che trabocca dal quarto piano. Uno scroscio violento a spampanare i gerani della signora di sotto.
Che sentano tutti che sono per te. E non mi importa di ciò che diranno della mia oscenità. Non ho alcun pudore, mai avuto pudore.
[E so bene che dovrei vergognarmi anche di questo.]
Purtroppo, però, non so suonare nulla e mi si ingolferà il fiato di tutto questo sentire.
Ché quando ero bambino, Adelina non c'ha pensato che mi sarebbe mancato un modo per dire le cose e mi ha riempito i giochi solo di stoffe e bottoni. E Angelo già a sei anni mi portava in bottega -chè non c'è tempo per certi trastulli quando s'ha da campà- a insegnarmi il gusto metallico dei transistor.
Allora non mi resta che dirtelo provando ad accostare tre pezze di seta, un pugno di resistenze e un filo di stagno.
    

giovedì 11 giugno 2009

Seduto sull'erba

L'estate erano un cinquantina di ragazzini delle medie che recitavano ai margini del bosco.
Un gruppo di insegnanti s'indaffarava a coordinarne la
contagiosa allegria, mentre un pubblico di genitori e curiosi si disponeva a falce di luna, seguendo gli umori del terreno sconnesso.
Si aspettava il buio ai margini, fumando e giocando a scacchi. Si attendeva la nota che avrebbe aperto la danza di quelle incerte figure nere che si lanciavano in scorribande nei boschi.
Quando brillarono le prime lucciole ci fu un "Oooh" di meraviglia e poi di nuovo il silenzio delle voci basse, in attesa. Qualcuno, a bocca aperta, seguiva quel lieve baluginio nel fitto dei castagni.
Con stupore, mi sorpresi a pensare -il cavallo fermo a mezz'aria- che somiglia a un miracolo meravigliarsi ancora di tutto.
        

venerdì 5 giugno 2009

Sull'antropometria

Ginocchia: io non ho calzini colorati. Me li compri? Ora sento di non poterne fare più a meno...  
Signorina Esse: certo, che numero? E che siano solo Gallo!! Non sporche e luride, schifose imitazioni!  
Ginocchia: come sei bon ton estremo!
Signorina Esse: sì, e con un certo vanto! Numero?       
Ginocchia:
non lo so. Dovresti saperlo che non lo so. Non so manco quanto ce l'ho lungo, figurati se so il numero di piede...  
Signorina Esse: [ridendo] sempre il solito approssimativo!          

martedì 2 giugno 2009

Appunti per la prossima vita VII

Forse, la vigilia delle feste infrasettimanali, è meglio ricordarsi di pigiare il tasto OFF sulla sveglia.
Su tutte e tre.
Ché stamattina mi sono fatto il rosario per intero: 7:30, 8:00, 8:30. Porcaputtanaladra!
   

lunedì 1 giugno 2009

La finestra sul cortile

Le tende si gonfiano al vento come le vele di un brigantino. La stoffa, sferzata dalle folate, sembra stridere di dolore costringendomi a lasciare al gatto il timone di casa. Mi spingo fino al castello di prua che dà sul cortile.
Si prepara tempesta, lo vedo dal tremare delle foglie del fico che mi urlano di rientrare.
Le luci dei palazzi di fronte mi guidano lo sguardo come fossero fari.
Sono sei quelle accese, fino alla tua. La settima.
Tu -che non so chi sei- ti stai spogliando ignara del mio sguardo di vedetta addosso. Sembri bella, da questo lontano, leggera nel muoversi dei capelli come onde.
Mi noti solo quando devi correre fuori, quasi nuda, a fermare le gelosie che sbattono sotto i colpi furiosi del vento. Lavori senza distogliere gli occhi dalla brace della mia sigaretta che si illumina al ritmo del respiro. Senza pudore.
E senza vergogna io resto a guardare.
Ché di donne spogliarsi ne ho viste abbstanza e ho perso quella curiosità bambina che mi avrebbe fatto nascondere per spiare, e non restare fermo al mio posto ad ammainare le vele che il vento altrimenti si sarebbe mangiato.
Ti guardo come ho guardato, la mattina, l'alba sul fiume. 
Poi rientri in coperta e finisci
con calma. Un cenno della mano in saluto e vedo solo la tua ombra sparire.
Rimane acceso il settimo faro.

[Sono belle le case di ringhiera.]