giovedì 31 gennaio 2008

Crepe

Sono settimane che cammino a testa bassa.
È il mio modo di non guardare in viso le persone. Cercare in terra un biglietto vincente della lotteria, o uno della metro ancora valido, almeno un tagliandino di parcheggio da riutilizzare in sosta. Vietata.
No, soldi non ne perde più nessuno, purtroppo! Finita l'epoca dell'azzurro diecimila, gradita macchia sul grigio del pavé. Ci si faceva un pacchetto di Lucky Strike e una pinta di Guinnes. Ma era tanto tempo fa.
Ora si spia l'erba che sta cominciando a inverdire nelle crepe dell'asfalto, i lombrichi che aspettano la pioggia per uscire, i primi ragni avventurosi. Anche il rotolare della polvere e il galleggiare dei piumini di piccione servono per non alzar la testa. Per stare col capo incassato nelle spalle e continuare a mugugnare.
Ché ci sono pensieri che non trovano subito la strada per le labbra e restano dentro a maturarsi, a levarsi l'agro sciacquandosi di tempo.
Bisogna stare solo attenti a non vomitarli presto.
Sguardo a terra, concentrato sugli infinitesimi, che occhi estranei non possano scalfirti.

mercoledì 30 gennaio 2008

Ringraziamenti

La collina è velata di nebbia, la strada appena di buio.
I pensieri si muovono liberi -sono nuvole di locuste dalle ali scarlatte- in questo stato che non è sonno, che non è veglia. Nient'altro che occhi aperti e fare cose, con la testa perduta in un altro luogo, in un altro silenzio.
Un volo che porta in punta agli arti di molla il dovere di ringraziare.
Chi si è fatto memoria quando io stavo dimenticando.
Chi è stato silenzio mentre tacevo.
Chi mi è stato attenzione, ricordando.
Chi mi ha fatto da sogno quando non riuscivo a dormire.
Chi mi è stato coraggio mentre tremavo.
Chi si è fatto costanza per lasciarmi aggrappare.
Chi oggi c'è.

martedì 29 gennaio 2008

Convivenze

Ginocchia: e come va con il tuo nuovo coinquilino ucraino?
Penne: chi? il principe Myskin?
Ginocchia: sì, lui! il re del pepe nero!  
Penne: [contrariato] beh! intanto ti posso dire che è l'unico ucraino che conosca a non spedire i soldi a casa ma a farseli mandare dalla madre!

lunedì 28 gennaio 2008

Tre

No, tre ore di sonno non bastano. Di sicuro non quelle dalle tre alle sei.
Gli occhi sono cerchiati di nero, le palprebe scivolano a chiudere l'ingresso della luce nell'iride. Sento il caffè che scava nello stomaco tenedomi sveglio per dolore, non certo per le blande proprietà eccitanti.
Alito di fumo, barba lunga, vestiti scelti a caso nella stanza buia. Qualcosa non va nei colori che ho addosso, lo vedo dagli sguardi della gente. Impreco di traverso, a bocca storta. Impastata.
A volte la felicità ha gusto acre di sonno perduto.

venerdì 25 gennaio 2008

Pugno chiuso

Io non lo so dire quello che provo.
Non ho abbastanza parole, insufficiente capacità di analisi e forse bevo anche troppi negroni la sera.
La rabbia che ancora riesco a provare mi obbliga a sbattere le porte, a imprecare violento, a rimpiangere la gente nelle piazze e chi aveva il coraggio di gridare forte lo sdegno. I tanti che sapevano farsi uno, dietro parole che erano un'idea di giustizia.
Ma la giustizia è scomparsa, come scomparsa è la dignità di chi governando la res pubblica dovrebbe fungere da esempio. Non solo da pubblica vergogna.
E non riesco a non pensare che la salvezza passi solo da dove non si può più andare.
L'unica arma che abbiamo è la matita per votare.
Sperando che non ci siano altri cani a distruggere quel poco che si può ancora fare.

giovedì 24 gennaio 2008

Fotosintesi clorofilliana

Sono giorni che sento il sole, addosso. Come un dito che preme sulla schiena e la raddrizza. Stiro le spalle, alzo il collo, stridono le vertebre sui dischi.
Una pianta che si spinge dal ventre della terra. Mi sento i cloroplasti spaccare l'acqua con la lama della luce, i vacuoli farsi turgidi, crescere le pareti di lignina.
Alzarsi è un movimento infinitesimale di cui ci si accorge solo alla fine dell'estate. Così come cambiare.
Allora corro. Che dolgano i muscoli di acido lattico, che si storcano le caviglie. Perchè nei passi è il mio essere senza radici.
Buttare fiato e nomi di persone.

mercoledì 23 gennaio 2008

Aria

M'imprigiona, questo inatteso anticipo di primavera, in un'assurda voglia di fuggire che non mi da pace.
Stridono le unghie contro il vetro.
Fuori, l'unica parola che riesco a dire.
FUORI!
A rinfrescare la memoria coi nomi degli alberi.

martedì 22 gennaio 2008

Con un soffio di fiato

Il vento mi sputa in faccia polvere e foglie secche. La nebbia s'è ritirata al di là del fiume, oltre la collina. E io sorrido di questa pelle più secca delle foglie, delle idee asciutte, spaccate come fango.
Ora ho il solido della creta con cui fare.
Rido di quest'aria che mi spinge alle spalle. Del cielo di nuovo vivo. Dei voli inaspettati delle cose lievi.
Ho voglia di correre, senza pensare. Più. 

 




 

lunedì 21 gennaio 2008

Nebbia d'agosto

Quando esco sul ballatoio per fumare non trovo più il mondo. Come inghiottito da un velo bianco e denso che mi impedisce di vedere oltre la brace della sigaretta, mi congela il naso teso ad annusare, si infila sotto la felpa grigia col cappuccio insidiandomi la pancia.
Una nebbia tanto fitta da togliere il fiato. Come non ne vedevo da anni.
Da quel pomeriggio in traghetto, tornando da Lampedusa.
Una coltre di bianco solido in cui la nave si infilò incauta. Il calore del sole sulla pelle bruciata scomparve senza alcun preavviso,
sostituito dal gelo dell'aria in condensa, svegliandomi dal sonno sporco rubato sul ponte.
Un'infinita distesa di blu divenne un'infinita distesa di nulla.
Solo il fischio della nave. Assordante. Cadenzato al silenzio stupito di noi gente senza mare.
- Michelangelo - chiesi preoccupato al mio amico messinese - veru je che non affondiamo?
Lui rise, scuotendo i capelli scuri ingialliti dalla salsedine.
- Annusa l'aria - rispose - cinque minuti e siamo fuori dal banco!
Io mi vergognai di avere paura.
Il coraggio lo si impara anche così, affidandosi al naso.

venerdì 18 gennaio 2008

Furto con scazzo

Ho solo tempo da donare a cuorleggero, e qualche parola levigata dalla lingua sui denti.
Solo, tu, fai una piccola cosa per me. Non provare più a rubarmelo.

martedì 15 gennaio 2008

Sulle ambizioni

Ginocchia: [pesieroso] ..e questo è quanto! Appena porto a termine quel che ormai è stato iniziato, la mollo con tutti questi sogni assurdi!!
Fukuda: Bravo! E ora di basta! Cambiare! Dobbiamo passare finalmente a una vita di zero sogni e tanta birra!!

lunedì 14 gennaio 2008

Cinque

Cinque giorni sono più che sufficienti in una settimana. Checché ne dica il nome. Abolire la domenica, certe volte, sarebbe soltanto un atto di clemenza.
Perché prova tu a rifare il letto quando il gatto ha irremovibilmente deciso di starci sopra. No! che non basta afferrarlo per la collottola e lanciarlo tre volte lontano!
- Toh, guarda! Una macchia nera che vola!
Torna sempre più agguerrito, il pelo dritto, le orecchie basse. Feroce.
Prova tu a goderti il riposo della domenica mattina sotto i piacevoli getti dell'acqua ossigenata e gli sguardi di biasimo, mentre il suddetto gatto ti irride tronfio:
- Ho vinto io!
Prova tu a discutere per ore con una professoressa che sostiene che "No, il colore carta da zucchero non esiste! Al massimo esiste carta di maccheroni che è una specie di azzurro!". 
A sopportare Sorelladue che chiama allarmata nel cuore della notte:
- Aiuto! Sto morendo dissanguata!
- Dalla voce mi sembri in salute!
- Non è vero! Sputo sangue!
- Tubercolosi? Improbabile! Ma sei sicura sia proprio sangue?
- Beh! È scuro!
- Rosso?
- Più che altro marrone, come fosse secco.
- Ma che hai mangiato?
- Niente!
- Caffè?
- Sì.
- Allora non stai morendo, sputi caffè.
- Ah?
- Sì!
- Allora non muoio?
- No.
- Ne sei proprio sicuro?
- Sì!
- Allora scusa. E buonanotte.
- Ecco, buonanotte.
Infine arrivare a lunedì, la sveglia puntata sempre troppo presto, per sentire il capo -esimio professore- che fa il verso della rana, una sorta di glugluglu dalla borsa flaccida del collo. E sapere già che significa solo guai.
Ecco, tanto vale passare direttamente da sabato a martedì.

venerdì 11 gennaio 2008

Piove

Una pioggia che è vapore d'acqua gelata.
Cammino di passo incerto su nuvole d'asfalto. Come avessi perso qualcosa.
Oggi è questo senso di bagnato nelle ossa.

giovedì 10 gennaio 2008

Correre

Oggi è solo correre.
Fiato di ruggine, gambe di vetro, pensieri perduti nel sobbalzare dei passi.
Oggi mi sento solo una bestia nata per inseguire e non prendere.


martedì 8 gennaio 2008

Trentanove secondi di immobilità

Disordine intorno. Che non è da intendersi come la lettura spasmodica del mio blog preferito, purtroppo, ma solo l'inutile accumulo di carta, polvere, cose da fare dimenticate e altre lasciate volutamente indietro. Per ignavia, per stanchezza, per emergenza improvvisa soprattutto.
L'agenda s'è fatta fitta di impegni scritti di malagrazia, non c'è più riga per molto. Solo per cose veramente importanti. E lo spazio vitale si è ristretto al minimo indispensabile, un angolo di legno vuoto tra i plichi, uno spicchio di pensiero libero da lasciare andare fuori dalla finestra bevendo alla bottiglia la mia acqua.

Allo stesso modo mi sfugge il mio essere qui, ora.
Sentire solo di non appartenere.
E tornando indietro nei giorni non sapere dire dove ho inciampato o su cosa, il punto difficile che mi ha fatto scivolare e storcere la caviglia, dove ho battuto le ginocchia. Non so guardare indietro in maniera critica, solo con il gusto favolistico di raccontare.
Come dire che non potrei essere altrove. Forse.

lunedì 7 gennaio 2008

Dell'aspettare

No, io dell'allegria non so parlare.
Ridere mi è lieve come aria. Sale verso l'alto dal fondo della pancia e fugge dalla bocca rimbombando. Un soffio alle narici e se ne va. Rimane un sorriso che si vede e non si dice, uno spunto di calore per chi c'è e mi vuol guardare.
Pesa invece la malinconia. Un grave che scivola alle dita dai capelli, sfondando denti e cuore. E allora si fa difficile tacere, le parole sono macine su cui sbriciolare certi umori velenosi e fare sabbia per impastare fango.
Per questo non so dire la gioia dell'aspettare, il preparare a sera trappole di carta per catturar sorrisi, stare ai fuochi a cucinare per chi non arriverà -non subito almeno- aspettare guardando un film in bianco e nero che si faccia il tempo di dormire. Sorridere. Fumare.
No, non so dire che mi sono divertito nell'attesa non saziata.

venerdì 4 gennaio 2008

Porte aperte

Quando bussano alla porta io sto già in svacco. Buttato sul pavimento, musica alta, tre vuoti di birra intorno.
Fukuda chiede asilo politico per la cena. Ha aria da profugo e puzza di uno che vuol raccontare. E poi non sia mai che a Natale si rifiuta alloggio a chi aspetta sull'uscio di casa. No, non lo lascerei mai partorire al freddo e al gelo, quello lì!
Mi drizzo a preparar tavola.
Una cena improvvisata tra maschi. Tovaglia macchiata di vino, agliooglioeppeperoncino, parolacce. Tante parolacce. E poi si parla accesi come si parla solo tra uomini, di fica, che è un discorso che non sazia.
Il caffè lo preparo che si chiacchiera dell'anello della durex, da una stanza all'altra.
- Tu l'hai provato?
- Non ancora.
- Attento che se lo trova Arturo finisce che ti trovi un gatto vibrante per casa.
La lavastoviglie ingoia golosa i piatti unti. I bicchieri li lascio a portata, sono serate che si beve, queste di festa.
Dalla stanza attigua arrivano improvvise delle grida.
- Cazzo fai?
- Ehi, Ginocchia, guarda questa che capezzoli!
- Staminchia!!
- Io non l'avevo mai vista una roba così.
- Dai, cretino, molla lì. C'è il caffè.
Lo beviamo che la signorina sospira ancora nell'altra stanza. Ha voce romantica anche se non capisco quello che dice. Intercala il suo parlare con troppi yesyesyesyesyesaaah
aaahaaahaaahyessssss!
Quando usciamo a fumare il vicino moldavo ci guarda e sogghigna.
"Che coppia affiatata!", pare pensare ridendo.

giovedì 3 gennaio 2008

Carnale

Mi sveglia il gatto, scartavetrandomi la faccia con la lingua, da un sonno gelido, arrivato come un tonfo nel nulla mentre rimuginavo pensieri che iniziano per esse. E poi si continuano, aggrovigliandosi alle altre lettere dell'alfabeto senza mai riuscire a formare una parola di senso. Solo sussurri di vento.
Dalle tende all'abbaino filtra una luce chiara.
Fatico a muovermi. Tre sveglie non sono bastate a restituirmi al mattino. Ancora mi sto prendendo gioco dell'ultima e più lontana -le altre stremate hanno già smesso da tempo di assediarmi di suoni- che pigola bip senza colpo ferire.
- Tanto non ti sento! Non ti sento! Puttana!
È invece l'aria gelata a regalarmi la voglia di scendere dal letto disfatto, come la zattera di un naufrago. Un brivido freddo si insinua lungo il collo sudato per il troppo peso delle coperte.
Scosto le tende. Con noncuranza.
Il bianco mi avvolge di acqua.
Bianchi i tetti che erano rossi, bianco il cielo che nasconde la Mole poco distante, bianco il fumo del camino di fronte che naviga l'aria tumultuosa verso di me.
Nel vento ancora fiocchi lenti d'incerto cadere.
Il desiderio, ora, non è altro che un metro di neve da guardare coprirci, chiuso nel calore di braccia sottili.



mercoledì 2 gennaio 2008

Duemilaotto

La città sembra immobilizzata.
Il cielo bigio lascia cadere sottili fiocchi di ghiaccio che non sono neve. Come io non sono qui.
Tutto sembra congelato nell'istante che precede l'inizio. Come una specie di tensione alle reni. La frazione di secondo che spezza l'incanto della quiete è ancora al di là da venire, acquattata in un angolo della bocca.
Mastico parole che non dirò, se non con un filo di voce all'orecchio.
Allora cominciamo.
Ora.

[Sarà un anno di tempesta, per me che sono seminatore di vento.]