martedì 31 marzo 2009

Genova, dicevo, è un'idea come un'altra...

Lasciamo la pioggia verticale di Torino per quella di Genova, diagonale e animata dal vento.
Una pioggia che non lascia scampo alle scarpe e al fondo dei pantaloni, che inzuppa per dispetto la voglia di primavera che ci portiamo negli occhi vispi, che fa cartastraccia dei nostri ombrelli.
Gli ombrelli abbandonati per le vie di Genova somigliano a meduse spiaggiate dalle onde. Ma noi siamo arrivati per stare al chiuso e snobbiamo con arroganza il dispetto della pioggia.

La mostra su De André è un palcoscenico chiuso di cinque stanze dove potere assaporare parole, musica e immagini. Cinque stanze dove perdersi nel gusto unico di ogni disco o tra le righe di una lettera scritta a mano. Dove riposare un po', seduti in terra, mentre davanti a te prende vita una galleria di personaggi-canzone dentro lo spazio di tre tarocchi.
Quando mi alzo, nel buio denso vibra ancora "Ho visto Nina volare", mi capita di cingere alla vita una gonna a sbuffo e di portarmela via, verso la luce di un'altra sala.
- Guarda che non sono io - mi dice piano una voce dall'accento genovese.
- No, effettivamente non sei tu - rispondo nascondendo l'imbarazzo dietro il più sicuro dei miei sorrisi.
"Cazzo, ho sbagliato femmina!" - penso mentre cerco di decifrarne i tratti gentili del viso. A volte, non vederci, è una cosa che fa ridere!
- Ma se vuoi ci vengo lo stesso, di là... - continua lei senza sciogliersi dall'inatteso braccio.
- E allora vieni con noi! Che noi ora si va a vedere Fontana.

Lucio Fontana è un taglio verticale nello spazio che mi lascia sgomento. Un varco aperto in cui infilarsi nell'idea di oltre.
E questa sensazione di apertura e di taglio non so in che altro modo spiegarla, sensazione che si fa ancora più violenta quando a essere recise son le trame del metallo (assai materico, non direbbe qualcuno).
[Aiutano un poco a comprendere le riproduzioni tattili delle opere, ché a volte le dita vedono meglio degli occhi, ma non basta].
Non so davvero come spiegare, dicevo, se non affidandomi alle sensazioni di chi ha ritentato il gesto dell'aprire.

Il regionale che ci riporta a casa e brutto, sporco e cattivo.
Ma c'è come una vibrazione di vita che ci tiene sboccati e allegri.
   

lunedì 30 marzo 2009

Metti una sera a cena...

Il Caffè Basaglia ha un terrazzo che ti spacca in faccia tutta la bellezza della collina. La Mole sta lì, sui tetti, appena di lato, a farsi vanto delle sue grazie. Forse il caffè Basaglia è proprio tutto in quel terrazzo, dove fumare e lasciarsi bere due negroni in pace mentre si aspetta che Guido Catalano cominci a declamare.
Ma sono poesie, quelle? E lui, mi chiedo, lui è un poeta veramente? O è tutta astinenza da ossalato di escitalopram?
A me, questo, non è dato di saperlo.
Però so che mi piace per come si nasconde dietro la barba, per come usa quella erre che sembra un lavoro di lima sul metallo. Vorrei averla io una erre così.
Mi fa ridere tanto, e non per dissoluzione in acido cloridrico della realtà, lui mi fa ridere per sottrazione. Perché ha il talento di svelare tutto quello che si passa la vita a nascondere e, nel guizzo finale del suo raccontare, come una lima che stride sulle sbarre della realtà, mi lascia in testa il germoglio di un pensiero da portare fino a casa.
Non sono pensieri enormi, questo no, ma cose delicate di cui aver cura nella notte.
   

venerdì 27 marzo 2009

Secondo i miei calcoli

Se la primavera è numero di ore di luce fratto enne che moltiplica l'inverso della lunghezza delle gonne elevato enne per la profondità delle scollature su pi greco mezzi tendente a zero...
Ecco, è iniziata oggi.
           

giovedì 26 marzo 2009

Reiterazione del concetto

Contronatura. Questa roba è contronatura.
Contronatura.
Per le maledizioni lascio alla vostra fantasia.
  

martedì 24 marzo 2009

Matrilineare

Adelina mi cerca per parlare.
E mi disorienta tutto questo suo bisogno di dire proprio a me, che sono diventato così restio alla famiglia, che ho fatto frattura per l'aver detto una verità che non si poteva dire.
Ma tutte quelle figlie femmine a che diavolo le serviranno mai, allora? Solo a spaccare la minchia?
Ora che la vita s'è fatta veloce e il tempo è una specie di avanzo faccio fatica a dedicarle angoli. Prima vengono tutte le cose da fare: un lavoro che mi asciuga ogni energia, una casa da abbandonare e una da creare. E poi io, che per esistere ho bisogno di ore in quantità.
Così lei, lentamente, è scivolata in un cantuccio.
Quei fine pomeriggio vuoti che riempivamo di tè e ricordi sono finiti da un pezzo. Le chiedevo sempre di raccontarmi delle galline, come i bambini che chiedono sempre la stessa favola. Adoravo la faccia che si piegava al riso quando mi diceva che andava a tastare il culo delle iaddrine per vedere se avevan fatto l'uovo e poi si inchiodava a taliarle, a pensare cosa mai potessero pensare dietro quegli occhi neri.
Un vizio che mi ha trasmesso nel sangue: le mie ore volano a cercare di capire cosa passa per la testa del gatto. A decifrarne uno schema immaginifico di possibile pensiero.
Poi, ieri, Adelina è riuscita a frenare tutto il mio correre dietro inezie.
M'ha inchiodato al telefono e ha cominciato a raccontare. Una storia strana tutta fatta di vecchine perdute e poi ritrovate, di possibili rimorsi e 'Chi l'ha visto?'.
Le avventure di Adelina hanno un loro
intrinseco fascino di quotidiano (trame Wertmülleriane, a tratti).
E non so perché, alla fine di tutto, mi sono ricordato che è lei che mi ha insegnato a ruttare.
  

lunedì 23 marzo 2009

Fisiognomica

Adelina somiglia ogni giorno di più alla Wertmüller. Dite che devo cominciare a preoccuarmi?  

giovedì 19 marzo 2009

Il futuro è una trappola

Il mio puscher di cd mi allunga un pacchetto dall'inequivocabile forma quadrata e mi fa:
- Ascolta questo, che secondo me ti piace!
- La copertina fa schifo! - gli rispondo mentre scorro la lista dei titoli e comincio a ridere.
- L'abuso di mp3 ti ha rincoglionito del tutto. Ascolta e poi dimmi!
Cinque minuti dopo sento le casse che strillano:
  Veramente vivo in tempi bui
  e non è per rovinarti il pranzo
  che ti dico è arrivata la marea
  e la tu la scambi per entusiasmo

mentre mi travolge un rock così splendidamente classico da sembrare quasi innovativo.
Intanto sfoglio il giornale della sera -che poi è quello della mattina che aspetta il suo turno.
La pelle che si accappona.
È un mondo orribile. Tempi davvero bui.
Rimane la voglia di cambiare e non saper bene che fare.
Andrò a finire "Uomini e no".  
 

mercoledì 18 marzo 2009

Tele-indipendenze

Il danno l'ha fatto il banchetto delle scommesse messo proprio davanti al bar. Che poi non è un vero e proprio banchetto, più che altro un gruppo assortito di fumatori che chiacchera. Ma mi ricordava così tanto i tempi dorati delle giocate clandestine, quando Palla Junior prendeva le puntate dietro la chiesa, la domenica mattina.
Fino ad allora ero riuscito a resistere a ogni tentazione.
Il mio curriculum da telespettatore - seconda fila a sinistra, non abbonato - era pulito. Vabbé, c'era la prima edizione del Grande Fratello, ma solo per mera curiosità. Di altro, poco o nulla. Nessun reality, nessuno show ricerca-talenti o strappalacrime. Nessuna fiction, anche. Un vero snob della tivì: solo Blob. Tantissimo Blob. E un po' di Lineablu la domenica mattina, giusto per rosicare. Perché MTV non è televisione, è quasi radio.
Poi hanno aperto il banchetto delle scommesse proprio davanti al bar.
E ho ceduto.
A furia di sentire discussioni, quote, vincenti perdenti e piazzati. Eliminati. Cinque euro che stasera escono i Farias. Sarebbe l'ora. Te li do a uno e quattro. E Noemi a due. No, Noemi non può uscire, somiglia a Neru e deve arrivare almeno in finale. E i Bastards? I Bastards a quanto?
Ecco, ora sono un X-factor addicted.
Sono settimane che mi gioco il ciccio con gli occhiali (alias Daniele, già soprannominato il porcellino bianco) fuori a due e venti. E settimane che perdo. Il disgraziato, simpatico "quanto un mal di stomaco forte", come diceva la nonna, ha eliminato al ballottaggio Ambra Marie e Chiarastella, per cui avevo un debole smaccato. Ma si può non amare subito una che ti canta Björk con tale naturalezza?
L'odio è cresciuto rigoglioso e, ora, ogni porcellica esibizione è accolta da insulti, fischi da stadio e lancio di maturi frutti di odio contro lo schermo.
Ma anche ieri ho perso!
L'unica cosa che ho vinto è un'altra dose di scherno davanti al bar.
Bah, fortuna che c'è Morgan, che avrà anche un ego che da solo occupa tre palchi, ma almeno di musica ci capisce.
E poi, se non ci fossero i funghi, riusciresti a immaginarli? Se non esistessero le alghe, riusciresti a immaginarle?

[Il delirio da X-factor sta raggiungendo livelli inaspettati. Iersera ho ricevuto questo sms: "Voglio la Maionchi sul comodino". Che debba cominciare a preoccuparmi?]

martedì 17 marzo 2009

Anche in acqua si tiene la destra

Acque limacciose di fiume. Le riconosco dall'odore più che dal verde scuro. La sera si è già mangiata i colori a uno a uno e del cielo è rimasta una scaglia allumino. Il resto del mondo sono solo ombre.
Le luci gialle, appena accese sulle sponde, sono l'unica bussola che ho.
"Verso la luce", grida il capofila mentre scherza sulla mia incapacità di tenere dritta la canoa. Ed effettivamente faccio cerchi perfetti nel tentativo vano di andare avanti.
Girare in tondo per andar su mi sembra quasi un'idea geniale: guadagno così centimetri di fiume, con un ritmo zoppo che mi riporta in pancia al gruppo.
Poi mi folgora la luna.
La guardo e mi dimentico di remare.
Lasciarmi andare alla corrente mi piace molto di più.

[Il Po, a Torino, odora gradevolmente di fogna e io dovrei finirla di infoiarmi con giochi nuovi.]
    

giovedì 12 marzo 2009

Confessioni di un pigro patologico

E io non so far altro che aspettare che la giornata passi.
E si porti via le cose da fare. Lasciate lì, a prendersi addosso questo sole che disegna sul muro le ombre stralunate dei tetti. Abbandonate. Ci sono giorni che di fare sono stanco. Somiglia troppo al nascondersi, il fare; a un gioco di prestigio e dita troppo lente.
Allo scoperto, voglio stare. Prendere per me questo pezzo di cielo.


[Tutto questo, poi, solo per dire che oggi non tengo proprio voglia di fare un cazzo!]    

lunedì 9 marzo 2009

About Paris

Che poi ci si chiede, passeggiando la sera per Marais, come non si possa desiderare con tutte le proprie forze una società realmente multietnica.
Parigi non è bella per i boulevard immensi, per le deliziose boulangerie o per certi angoli nascosti di una meraviglia imbarazzante. Il suo splendore sta nella gente.
In una sola sera mi sono innamorato della trasparenza di una bionda (io odio le bionde, che lo si sappia!), di una giapponese irriverente, di occhi bruni che esplodevano sotto i colori vivaci di un velo, dell'angolo acuto di un collo nero come pece. Della diversità, che ci rende così uguali, che moltiplica le possibilità del mio essere quasi-umano.
E poi c'è la Tour Eiffel. Carina, per carità, per essere un ripetitore ipertrofico soprattutto... 


[È che la bellezza del culo è un valore di solidarietà e fratellanza universale.]         

giovedì 5 marzo 2009

Paris (Hilton), pour l'éternité...

È che terminare la settimana di autocelebrazione qui mi sembrava piuttosto adatto.
Allora ciao, intanto.
    

mercoledì 4 marzo 2009

Appunti per il trentaquattresimo anno

Arrenditi! Quei tre ingranaggi rotti che ti fanno il vuoto dentro non li puoi più mettere a posto. Pensa a levar la polvere dal resto, piuttosto.
E non ti preoccupare, ché claudicare ti dona alquanto -soprattutto quando strascichi e sorridi!
[Scusate. È che l'autocelebrazione dura una settimana minimo].

Tieni care le persone che hanno la cassetta degli attrezzi sempre in mano. Le cose perfette non sono mai esistite e aggiustare in corso d'opera è un talento che ti affascina per orgoglio e cocciutaggine. La bellezza del giardiniere, mi viene da dire, pensando a cose che crescono, maturano, cambiano. E rimangono sempre, irreparabilmente imperfette.

La chimica l'hai studiata tanto tempo fa, ora fanne buon uso! Ovvero tieniti lontano dagli acidi, insieme fate reazioni che sembrano belle ma il cui risultato finale è soltanto fumo e rabbia. Tu non sei sali d'argento, ahimé.

Smetti di aspettare una pace che non verrà. Non come la vuoi. E, soprattutto, smettila con il tuo gioco preferito: il passato è un azzardo in perdita perenne.

E poi tante altre cose che sono solo dei post-it sul tempo da domare, sull'imparare a fare bene le tre cose che più ami.