Sono i giorni della merla, questi, da armarsi di sciarpa fino ai denti, cappello ben calcato sulla fronte e guanti senza dita per fumare. Anche se potrebbero essere al massimo i giorni dell ciuffolotto, visto il cielo azzurro e il tepore vago sulle spalle quando si esce all'una e mezza per pranzare. Una cosa piccola, ma di bella voce.
Il freddo non è fuori.
È un cosa che si sente dentro, la mattina.
La faccia, prima di prendere acqua, dice allo specchio la verità. Una verità che suona come una resa. "Non sono strutturato in modo da poter reggere per molto tempo ancora" verrebbe da cantare, se non ci fosse il sapone al mughetto per stuccare l'espressione crucciata, la crostata di marmellata di fragole a colazione e la consapevolezza di una fortuna non da poco.
Il difficile sta proprio nell'amaro del caffé: la coscienza limpida di uno stato di grazia e un buco nero in petto che succhia via ogni serenità. Come fossì un alchimista al contrario, capace di trasformare in malinconia tutta la gioia che tocca.
L'esercizio, anche questo, me lo insegnò la vecchia mentre le reggevo la matassa in silenzio: "pensa male che bene te ne viene!", diceva.
Così, gomitolo dopo gomitolo, mi levava di dosso la maledizione di essere come mio nonno: il peggiore. Sette mogli e una quantità indicibile di puttane, debiti di gioco e guida senza patente, contrabbando e troppa allegria per questo mondo.
L'aria da canaglia me la lavarono via a suon di "Stai diventando proprio come quello là!" gridati con disprezzo ogni qual volta ne combinavo una, ogni volta che l'aria di festa mi prendeva le viscere o escogitavo un tiro mancino.
Perché la mia è malinconia mitocondriale, mi arriva dritta in dono dalle femmine. Matrilineare come la patologica golosità.
Allora, adesso, ciò che mi preme è solamente emanciparmi di questa genetica indecente e fare esercizio di felicità.
Alla facciazza tua!
Qualcosa di semplice per iniziare, come pensare sorridendo a tutto quello che mi fa stare bene (neru docet):
il gatto arturo che si rotola come un cinghiale sul letto per invitarmi a fargli due carezze
mani piccole e lisce che armeggiano tra i capelli
il sapore delle arance vaniglia
spogliarmi per strada per convincerla a far pace
il primo profumo di primavera che si sente in inverno
poltrire in maniera indegna
il triangolo di pelle perfetta che sta tra ascella, clavicola e seno
il gusto del tabacco
leggere i libri degli altri
ridere
le femmine coi sandali
preparare le pere madernassa con vino, cannella e chiodi di garofano
mangiare le pere madernassa (con vino, cannella e chiodi di garofano) con le mani
andare al cinema da solo
camminare scalzo
E poi altre, ma direi che per oggi può bastare.
Forse, questo sabato, lo salvo.