giovedì 26 giugno 2008

Da piccoli

Meglio iniziare subito. Un giro di impronte digitali da prendere immediatamente, stando attenti a far bene scrostare le dita dalle cacche del naso e a lasciar di lato i giocattoli raccattati in discarica.
Perché la sicurezza inizia da subito, iniziamola quindi da innocui bambini spaccacazzo. Perché lo si sa, il cazzo lo spaccano alla grande 'sti carusi lerci che suonano la fisarmonica sui pullman o chiedono soldi davanti all'ospedale, ma da qui a 'digitalizzarli' tutti a prescindere credevo ce ne passasse.
Comunque, mai farsi impietosire, piuttosto, andare sempre oltre.
Perché non prelevargli qualche cellula e imbastire un bel progetto di ricerca per identificare il gene della zingaritudine. Pare che la terapia genica sia il futuro. Lo diceva anche l'esimio dottor Josef Mengele.
Dico, viso che il gene dell'idiozia non è ancora stato identificato...
               

lunedì 23 giugno 2008

Caldo

Caldo che non si può uscire prima del tramonto. Caldo da chiudersi dentro, gli scuri abbassati, a studiare la tecnica del pipistrello. Caldo da piedi nudi e pochi vestiti, da pavimento e bere gelato. Caldo che si dorme come in coma, con le finestre aperte.
Caldo che sorrido: riesco finalmente a far passare la mia pigrizia
naturale come necessità di sopravvivenza.         

sabato 21 giugno 2008

Euronoia 2

Ginocchia: ma lo vedi anche tu quel leopardo che sta saltando sopra un coccodrillo col cappello?
Fukuda:
dove?
   
Ginocchia: lassù, proprio sopra i tetti delle case di fronte!
Fukuda:
ah, sì! Direi che il leopardo è perfetto! È il cappello che non mi convince, secondo me quello è un coccodrillo col ciuffo.  
Ginocchia: [ridendo] comunque, è rassicurante non essere del tutto pazzo!
Fukuda:
o che le forme di pazzia si rassomiglino un po' tra loro.
 
Ginocchia: certo che quando smettono di piovere, le nuvole, fanno cose assai più interessanti.
Fukuda: Già! Molto meglio di questa nefanda partita..      

giovedì 19 giugno 2008

Euronoia

Fukuda: e che fai stasera?  
Ginocchia: mmh..  credo che poltrirò gaurdando l'enensima partita!
Fukuda: ah, beh, se c'è un altra partita so bene cosa fare! mi compro una vasca di gelato e mi siedo davanti alla tele a giocare al piccolo minatore.
Ginocchia: io invece credo che riempirò un tazzone di birra e ci sbriciolerò dentro le patatine.
Fukuda:
come i cereali. Sei proprio uno schifoso.   
Ginocchia: è che non ho fatto colazione stamattina.
Fukuda:
e vengo anch'io a far la colazione della sera?    
Ginocchia: ci mancherebbe! Ma porta il gelato, per favore..    

mercoledì 18 giugno 2008

Di me

Iracondo, sì, ma come l'acqua cheta.
Che poi io, più che abitualità, la direi abilità.
 
        

lunedì 16 giugno 2008

Dopo il TG

La linea suona libera. Un rassicurante tu-tu-tu all'aroma di proposta di legge.
Non so resistere, e al primo fiato all'altro capo del telefono sussurro "Smutandete che te aro!".
Adesso che nessuno ascolta più le mie telefonate, anche la mia vita erotico-telefonica ne ha guadagnato di molto. Me lo conferma pure Fukuda che ansima dall'altra parte.
Questa si che è tutela del cittadino, della sua praivasiprivata. Della liberté.
E poi, com'è rassicurante la parata militare del sabato sera. L'esercito schierato in pompa magna per le strade. Mi sento più sereno anche solo a immaginarmelo: i mitra spianati neri sulle divise verdi, così dannatamente glamour, passeggiare su una passerella di blindati sparsi. 
Ora sì che abbiamo finalmente l'aria di un paese civile. Dico, esiste un paese civile senza militari sparsi in giro a controllar documenti?
Avrei solo un piccolo appunto, una lieve lacuna nell'aggravante di clandestinità che tanto tutela il cittadino nella sua certa posizione di precario. A quando l'estradizione per il reato di annegamento clandestino?
    

domenica 15 giugno 2008

Sull'annosa questione dei rumeni che tanto preoccupa il nostro civilisimo paese

La partita è nervosa.
E nonostante l'ortodossa osservazione dei riti mondiali -medesima formazione di intelletti, diciannove moretti, sette pacchi di patata che tira, due chili di insalata di riso, frittata di cipolle, rutto libero e commenti razzisti- le undici checche vestite d'azzurro e pettinate da Valentino Hair Styles non riescono a sfondare il muro delle maglie gialle.
Quando Muto sfrutta l'allegro passaggio di ritorno di un tamarro col pizzo sagomato e la basetta lunga che pare appena rientrato da una passeggiata sulle Ramblas, urla di giubilo e festa si diffondono con l'aggravante di clandestinità per il cortile.
Noi ci si guarda circospetti. Il nemico è alle porte: i dirimpettai del quarto, gli inquilini del secondo e forse anche i moldavi del terzo che solidarizzano. Cazzo!
Per fortuna bastano solo due minuti per riaversi dal trauma e gettarsi sul balcone urlando molto più forte del necessario.
Intanto la partita continua mediocre, grida a ondate. Rigori dati e parati.
Al triplice fischio, Mr Pear ci guarda attento e proclama, incerto tra l'orgoglio il disprezzo: "Finalmente ho capito perché il Sergente Hartman in 'Full Metal Jacket' dice «Qui non si fanno distinzioni razziali, qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani e messicani; qui vige l'eguaglianza: non conta una minchia nessuno!».
Esco sul ballatoio a fumare, avvinto da tanta saggezza.
Adrian mi guarda e sbuffa Pall Mall. Infradito e T-shirt. Ci distingue solo la marca delle sigarette e il fatto che lui ha una bimba di una bellezza inarrivabile.
- Ehi, Radu! - gli grido - E l'hai vista la partita?
- Sì! Ma com'è finita? - sbeffeggia.
- Uno a uno - rispondo con rammarico.
Ridiamo.
E intanto prepariamo la scorta di birre per martedì.
O noi, o loro. Ma non i francesi, per favore. 
              

giovedì 12 giugno 2008

Pollice verde

Imparo che la rabbia dell'ibisco è una ruggine di foglie.
La tropp'acqua, caduta in questi giorni di mancata primavera, ne ha annegato le radici, spampanato i fiori rossi che tanto inverdivano i miei giorni: cinque petali su cui scivolare di cinque passi avanti, cinque petali che sono cinque cose che mi mancano per far di me un intero.
Ne ho di rossi e bianchi da regalare.
             

martedì 10 giugno 2008

Una sera

Mezza luna si affaccia timida dai tetti mentre ritiro le lenzuola stese al sole del pomeriggio. Una federa cade leggera come una foglia, dipingendo di fiori il selciato del cortile. Sono troppo pigro per scendere a recuperarla ora. Confido in domani, o nell'allegria di lenzuola spaiate.
La studentessa di fronte si accanisce imperterrita sui suoi libri. I lavori al piano di sotto procedono lesti. Un vecchio si affaccia e fuma.
Una sera come tante. Ma mi stupiscono le stelle. 
                      

lunedì 9 giugno 2008

Accadueo

Ancora acqua su di noi.
Acqua come ghiaia. Talmente irruenta da far arrendere il mio impavido ombrello azzurro -come un cerchio di cielo solo mio-, che si accascia traverso e si lascia arrugginire.
Acqua come corde che ti legano all'ombra di un balcone per un giro d'orologio, a dividere lo sconcerto delle foglie con degli sconosciuti. Sconosciuti di gambe lunghe e lunghi capelli bagnati sul collo.
Acqua di strade che scorrono in foggia di fiume.
Acqua di pozze profonde.
Acqua che annego. 
        

giovedì 5 giugno 2008

Acqua alta

Nonostante il cielo fosse ancora gonfio di nuvole indaco, la sera prometteva bene. La mano tesa fuori dalla finestra decretava un verdetto inappellabile: per ora non piove! Si va!
Intanto, la saggezza delle cinque vertebre lombari lamentava un desiderio incondizionato di divano, musica e Internazionale. Un improvviso attacco di demenza senile, invece, mi spingeva ad andare a vedere la cerimonia di apertura del XXIV Campionato Europeo di Ginnastica Ritmica
La piazza era piena di curiosi, qualche addetto ai lavori, turisti di passaggio. Un palco troppo basso per la voglia d'estate della gente che, alle prime gocce di pioggia, era diventata una folla multicolore di ombrelli. Cerimonia rimandata al chiuso del Palaisozaki, annunciava un altoparlante.
Torino, di questi tempi, non ha pietà per nessuno, neanche per la buona volontà di un gruppo di ragazzette delle giovanili in diligente sfilata.
Non lascia gloria a nulla che non sia di acqua.

I portici di via Roma fanno da naturale via di fuga verso casa. Le scarpe bagnate sgnaccano sul marmo.
Un crocchio di folla sporge dall'antro di Galleria San Federico, intorno alla quale sostano decine di camion e qualche auto della polizia. Incuriosito, mi insinuo in un sentiero di spazi vuoti lasciati liberi fino al metallo umido di una transenna. Oltre, intravedo Adrien Brody ed Emmanuelle Seigner che discutono con Dario Argento, mentre alcuni membri della troupe tirano su un manichino appena schiantatosi al suolo in una pozza di vetri rotti.
Piove ininterrottamente da più di un mese.
Il clima è quello giusto per un film 'Giallo'.   
             

martedì 3 giugno 2008

Insieme

La gamba comincia subito a lagnarsi. Bastano appena i primi colpi a salire, spinti forte sui pedali.
È un movimento di muscoli lasciato in cantina per quasi un anno, questo, a prender fresco con la bicicletta. Ma la lega leggera del telaio non risente della stasi come l'ordinata trama di fibre della carne.
L'orologio del cambio segna perfettamente il tempo della mia fatica, rapporti sempre più agili a scalare, sgranati con un colpo dell'indice. Un clang di un respiro in più.
Si sale. Seduto, polmoni che bruciano. I due compagni d'avventura sono un'ombra in cima alla collina che la discesa mi concede di riavvicinare.
Le gambe accolgono la pianura con il ricordo di una voglia che non trovavo da tempo, cercano un ritmo sincrono con l'asma e vanno. Un ritmo da forsennato -annego di sudore il rovo dei pensieri- che ci trascina in un onda ciclica di piena sull'asfalto. Veloci come un treno.
Quando in una curva troppo stretta sento la ruota posteriore andare via, mi rendo conto di essere finito. Non ho più forze neanche per tornare a casa.
Allora si accollano la mia lentezza Fukuda e Mr.Dibbs: mi aspettano, mi porgono una barretta e la borraccia, prendono il ritmo molle delle forze perse. E mi portano fino alla meta.
Trovo qui il mio senso dell'insieme: quando proprio non ce la fai, qualcuno che taglia il vento per te. E viceversa, naturalmente.