venerdì 2 marzo 2007

Dinoccolato

Che poi, quella cosa del calzolaio è vera. Mica me la sono inventata tanto per scrivere qualcosa.
Forse sta ancora lì, dove lo ricordo.
Era un signore basso e immobile, sempre avvolto in un grembiule da lavoro nero. All'ora della scuola si metteva sul gradino del suo negozio, passaggio obbligato per tutti i bambini del quartiere. E guardava.
Bambini che correvano, bambini che camminavano, bambini da soli o ancora accompagnati dalle madri. Voci.
Di me ricordo solo che ero
già fuori sincrono a poco più di sei anni. Mi muovevo sghembo e sempre con ritardo. Ultimo dell'orda di scolari che percorrevano il corso.
Mia madre erano occhi vigili dalla finestra. O almeno così mi faceva credere.
In un qualche pomeriggio di inizio primavera, mentre correvo verso casa, inciampai nell'immagine di mia madre che parlava con questo signore calvo e supponente.
- No, mamma, non ci parlare - credo che pensai.
E mi guardavano.
Le presi la mano e cominciai a tirare.
Avrei potuto tirare per ore le braccia molli di mia madre senza che lei smuovesse
anche solo un passo. Credo fosse un salice, allora, mia madre.
Quando finalmente ci avviammo verso casa mi confessò dei miei piedi storti. Quel gentile signore coi baffi aveva detto che li mettevo male, le punte troppo indentro, e che mi sarebbero serviti dei plantari. Se non addirittura le scarpe correttive - quella specie di prigione dei piedi! Che i plantari, poteva farceli lui a prezzo modico, facendoci risparmiare la costosa visita dell'ortopedico.
Da allora ricordo solo passi troppo attenti. Perduta la spensieratezza del camminare. Un piede dopo l'altro, ad immaginare una linea su cui stare. Una vita di equilibri precari, corsa dai piedi ai pensieri.
Ricordo rabbia e sputi in faccia. Non si rideva del mio passo.
E anche adesso che cammino dritto - solo il piede sinistro piega un poco verso dentro se lo lascio andare solo - mi rabbuio un po' se mi dicono 'dinoccolato'.


[e non lo mai detto a nessuno che quella pietra volata sulla vetrina del ciabattino, una sera di alcuni anni dopo, partì dalla mia mano. ma qui è tanto facile dire anche quel che non si può]

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