Una volta ne avevo uno.
Aveva capelli lunghi e nerissimi, occhi enormi che mi scrutavano. Sembrava un'indiana del Madhya Pradesh e quando indossò un sari verde per consegnarmi la mia dose settimanale di libri non potei fare a meno di lasciarle un bollino rosso sulla fronte. Un tilaka di curcuma rossa, ossido di zinco e vaselina.
Il mio pusher aveva un nome che era leggero anche solo da pensare. Come fatto d'aria.
Leggeva sempre e suonava il piano. E tutto ciò che leggeva me lo passava sottobanco, di notte, per non farci scoprire dalla biblioteca civica che allora controllava il mercato nero dei libri e aveva al soldo gente violenta, capace di strapparti la tessera annonaria se non riconsegnavi per tempo o lasciavi un segno a matita di lato.
Quelli erano anni che si riusciva a stare coricati su un prato a leggere per ore. Fianco a fianco. Erano quindici anni fa e sapevamo stare seduti sul bordo di un'altalena a non dirci nulla per notti intere.
Il mio personal books pusher sembrava conoscermi molto meglio di me. O come tutti i pusher, semplicemente, mi coglieva nel vizio.
C'erano quegli occhi grandi addosso che riuscivano a vedere oltre ogni mia stupida difesa. Uno sguardo fatto per mettere a nudo ogni segreto, nonostante l'ostinato negare, anche a me stesso.
- Toh, vedi se questo... - troncava le frasi e mi lasciava edizioni economiche ovunque, nelle tasche, nello zaino, sotto il tavolo, sapendo prevedere ogni volta cosa mi sarebbe piaciuto, cosa mi avrebbe fatto ridere o arrabbiaire, piangere o sognare.
Mi prestava libri a seconda dell'umore che mi voleva regalare.
Poi me ne donò uno che parlava di libertà.
E io fuggii.
Da allora non ho mai più avuto un vero pusher di libri, anche se la mia biblioteca è fatta per metà di libri altrui che sono quasi tutti i suoi. Dicevo, da allora non ho mai più avuto un vero pusher. Che poi è qualcuno dai cui ami imparare.
E non si impara volentieri da chiunque.
[E ora che ho avuto la fortuna di incontrare un nuovo spacciatore di libri capace di scavarmi dentro, capace di scovare quello che io ancora non so e voglio vedere, sono felice. E non mi consentirò fughe e non permetterò ammutinamenti.
Ché le cose belle non è che stanno lì a capitare tutti i giorni!]
no io la mia droga la voglio fare da me!
RispondiEliminasammy.. è che io ho bisogno di un filtro, sennò -come si diceva di giacomino- finisco per diventare una cloaca e butto giù dal naso tutto quello che mi capita a tiro..
RispondiEliminapolvere di gesso e bicarbonato compresi..
non sono bravo a scegliere, sono troppo curioso..
aiuto!
RispondiEliminaio rischio di disintossicarmi...ho un ciclo continuo passivo che mi sta risucchiando...
in questi casi un puscher che capisca cosa ci vuole e ti minacci di bruciarti il (mono)locale se non paghi è quello che ci vorrebbe..
Io ho una libraia amica, che è spacciatrice subdola, non dice nulla ma posiziona strategicamente i libri tanto da farmeli notare....almeno è così che mi piace pensare :)
RispondiEliminafortunato!
RispondiEliminaè una vita difficile quella del pusher! è un gioco di equilibri e di dosi. mi ricorda pure un funambolo giocatore d'azzardo. ché tu ci hai messo la poesia ma è uno sporco lavoro fidati! anzi fallo confessare al nuovo pusher :D
RispondiEliminaneru
Le cose belle stanno lì a capitare solo ogni tanto, quindi bisogna acchiapparle e tenerle strette, eehh sì :)
RispondiEliminaè una bella droga e con dei pusher così..
RispondiEliminaastio.. bella sì! (e poi, pensavo, quando ti manca il pusher e ti capita di leggere della Gimenez-Bartlett su un blog ombelicale.. ;) beh, direi che son fortunato!)..
RispondiEliminaUsti!!! Mi hai fatto ricordare che devo riconsegnare il libro, e che non l'ho letto... Azz..
RispondiEliminacumino.. visto? svolgo un servizio di pubblica utilità.. ;)
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