mercoledì 5 dicembre 2007

Aster

Respiro.
Contando. Uno, due. Uno, due, Uno, due.
Come a far ordine nel fiato che manca mentre un caos tumultuoso mi invade i pensieri, il dolore alla nuca è lancinante, come una mano che schiaccia il viso per terra e fa confusione tra le pile sghembe di idee male accumulate.

Oggi mi sono alzato così, di traverso.
Si confondono la stanchezza, il dolore al petto, l'umore cattivo dell'asma.
Cerco solo di fermarmi e aspettare che passi, questi sono giorni in cui ogni movimento inconsulto della lingua tende a distruggere. E io non voglio. Sono stanco di dovermi difendere da tutto e vorrei solo poter avere la quiete di fare, di stare finalmente scoperto, senza dover pensare sempre a proteggermi, a proteggere.
Ricordi sopiti vengono a galla dal fondo, lasciandomi senza parole.
Ricordi imputriditi nella memoria non ricordata.

Mio padre era morto da poco. Dopo cinque anni d'angoscia. Noi, avanzati alla vita, cercavamo di vendere il suo negozio di riparazioni TV -non i muri che non ci appartenevano, solo le attrezzature, la licenza- poichè nessuno era in grado di portare avanti l'attività senza di lui. Un laboratorio che era terzofiglio perchè nato gemello di sorelladue, qualche anno prima di me. Io venivo dopo, terzo degli umani, quarto comunque.
Il primo acquirente fu un ragazzo della mia stessa età il cui padre aguzzino ci offrì un pugno di lire per tutto. Troppo poco per il lavoro di una vita, ma noi si era disperati e uscire da quella via chiusa era diventata una necessità primaria.
Sopravvivere significava allontanarsi da quel buco che mi continuava a succhiare la vita.
Non ricordo nemmeno quanti anni avessi, so solo che erano pochi, troppo pochi per avere in mano il destino di una famiglia di femmine antiche, completamente affidate a ogni mio scatto d'inutile ira.
Firmammo il contratto un sabato pomeriggio di sole autunnale, intascai l'assegno e me ne andai a casa leggero, da lì sarei partito per fare me, la mia vita che era stata immobilizzata per anni.
La domenica sera correvo in auto per andare non so dove, avevo solo fame di spazi aperti. Una telefonata mi raggiunse al primo cellulare, di quelli neri, da mezzo chilo: il ragazzo di cui non ricordo il nome era morto la domenica mattina, seccato dal tram mentre passava i binari sulla sua moto. Un trafiletto per la cronaca nera del lunedì.
Forse ci aveva mosso la stessa fame di spazi aperti. In fondo eravamo identici e in qualche modo stavamo per diventare fratelli.
Andai a casa e strappai contratto e assegno. Come strappare la mia speranza per un futuro possibile.
Quel giorno mi sentii come maledetto.
Ripresi a lavorare il mattino successivo, c'era l'affitto da pagare, la spesa da fare, nessun'altra possibilità.
Rimasi come in galera per un altro anno oltre.


Sono pesi, questi, che mi salgono su come conati.
Cerco di fermarmi, perchè ora non serve a niente ricordare cose che fanno dolore. Ora è il momento di costruire, arrivato in ritardo di anni, ma giunto come qualcosa che credevo impossibile.

9 commenti:

  1. ... e non ti resta che togliere le impalcature...
    ;)

    ti voglio bene, stupidogatto...
    e lo dico qua, davanti a tutti!!!

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  2. aspetto davanti al cantiere con le mani dietro la schiena (facendo il tifo)

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  3. I giorni traversi arrivano e sono fatti di ricordi dolorosi che sembrano trascinarci indietro.
    I miei puzzano delle cose che mi fanno stare peggio.
    Archvia la giornata, che hai del bel lavoro da fare :)
    s.

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  4. hai vomitato
    e adesso alè..cazzuola e cemento
    :)

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  5. astio.. e che gran sbocco!! :) ma prima di cazzuola e cemento mi servono ramazza e segatura, devo dare una bella pulita..

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  6. Caro Gap, non è mai troppo tardi percorrere strade lontane, respirare l'aria e spiegare le ali. Evidentemente quel giorno non era quello giusto. Ma ora puoi, quindi fallo.

    E magari il prossimo post ce lo scrivi dall'India ;-)

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  7. E se invece che andare vuoi restare e costruire un bel castello con tanti piccoli Gap facciamo una grande festa! :-D

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  8. qui sul marciapiede pronta a passarti la bottiglietta d'acqua

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  9. pippa.. il tuo inguaribile ottimismo è quasi contagioso, uno dovrebbe averti sempre a portata di mano nella borsa..
    ;)

    stré.. col negroni mi carico di più!! ;)

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