venerdì 7 dicembre 2007

Nostalgie d'ala sinistra

Le scarpe sono blu, di pelle affusolata, tatuata di cuciture in evidenza. C'è ancora un poco di fango secco tra i tacchetti, lasciato lì ad invecchiare per oltre un anno e mezzo.
Una scrollata di polvere chiara come sabbia.
Il tempo è passato veloce dall'ultima volta.
Mi emoziono di gesti conosciuti a memoria, ma levati a forza dal quotidiano dei giorni per la troppa fragilità delle caviglie.
Lanciare a terra la borsa nel freddo dello spogliatoio, infilarsi pantaloncini e maglietta, fasciare le colpevoli caviglie, mettere su i parastinchi, i calzettoni ed infine, con cura, le scarpe.
Intorno, il vociare allegro dei compagni: chi gioca dietro faccia attenzione al piccoletto col ventitre, è veloce e figlio di mignotta. Domenico, tu devi tornare, sennò vaffanculo. E tu, Miché, se fai tre gol ti offro la birra!
Mi alzo piano e pesto forte i piedi a terra, l'accrocchio arrugginito delle gambe pare tenere.
Il terreno di gioco è umido, l'aria gelata.
Due giri di riscaldamento e poi si inizia.
Con calma.
Che il vicino del primo piano, vedendomi uscire con la borsa mi ha gridato: "Fai attenzione! Ci si fa molto male giocando a pallone!".
Menagramo del cazzo! Ho mormorato filastrocche di scongiuro per tutto il tragitto: "Aglio, fravaglio, fattura che nun quaglia, capa e' alice e capa r'aglio, sciò sciò ciucciuè, vavatten ra casa mia.."
Il rito aprotopaico pare funzionare, la gamba risponde bene, nonostante siano quasi cinque mesi che non vado neanche in bici, l'asma non disturba più di tanto.
Si gioca. Andrea mette ordine dietro, Miché fa il suo dovere -cosa non farebbe per una birra!-, la mia fascia è presidiata. Mi faccio nemici tra gli avversari, come al solito, per la cocciutaggine di non voler mai levare la gamba. Mai. Testardaggine che ho pagato io per primo.
La partita finisce che mi sto accanendo da terra su un pallone a perdere. La mano tesa dell'avversario a farmi risalire è un piacere che avevo dimenticato.
Le ginocchia sanguinano, come il gomito sinistro, un livido grande come un arancia si leva sui lombi, un polso duole. Anche una caviglia, ma a queste ci sono abituato.
E poi tutto procede come sempre. La doccia, scroccare lo shampoo, i pagellini fatti ridendo, rivestirsi.
Ingollo quattro sorsate d'acqua fresca come una necessità insopprimibile.
Quando arrivo a casa m'assale un dolore lancinante al ventre e comincio a vomitare.
M'ero dimenticato solo che non si deve bere come un disperato nel gelo della notte, se vuoi salvarti dall'ira dello stomaco. 'ccidenti!

7 commenti:

  1. il dodicesimo uomo ti ha colpito nel dopo partita :)

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  2. ho avuto amici e un marito che giocavano a calcio ed era bello vederli.
    io mi son data alla pallavolo. e la nostra era una squadra grandiosa, magari mi dai l'idea per un post.
    oddio che nostalgia pure a mme.

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  3. E' solo la prima partita, ti ricorderai dell'acqua la prossima... attendiamo il resto del girone :)
    (nel frattempo vai di lasonil )
    s.

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  4. sammy.. mammamia che male!! non me lo scordo più!

    astio.. sono belle le squadre grandiose! noi s'era fatto il dreamteam, tantotempofa, ora sembriamo più che altro dei vecchietti irriducibili.. :)

    sagami.. acqua non ne voglio più vedere, solo birra d'ora in poi.. birra e lasonil, perlappunto.. ;)

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  5. Cioè scusa sei andato a giocare a calcetto in post sbornia con sto freddo? :-D

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  6. pippa.. diciamo che ho avuto come una sbornia giocando a calcio.. non c'ho più il fisico, ahimè.. :)

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  7. senti lo so che sono una spaccamaroni...
    ma mi traduci la filastrocca?
    già lo sai che son fissata con 'ste cose...
    :)

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